La Commissione Europea ha adottato il 16 luglio scorso una decisione antitrust (Case COMP/38698 – CISAC) che proibisce a 24 società europee di gestione collettiva del diritto d’autore (tra cui la SIAE) di limitare le possibilità di offerta dei propri servizi ad autori e utilizzatori al di fuori dei propri territori di appartenenza. In ogni caso la decisione permette alle società di mantenere il sistema corrente di contratti bilaterali di reciproca rappresentanza, e di mantenere il diritto delle società di stabilire unilateralmente le percentuali dei proventi di diritto d’autore all’interno dei propri territori d’appartenenza.
Vediamo di ricostruire la vicenda, giuridicamente complessa soprattutto perché si gioca sul piano del diritto comunitario. Ci limiteremo a cercare di illustrare, in maniera solo divulgativa senza alcuna pretesa di esaustività, le motivazioni della Commissione Europea e i suoi effetti giuridici.
Ricordiamo innanzitutto cos’è una società di gestione collettiva di diritti d’autore: è un ente, che può essere privato o pubblico (la SIAE in Italia è un ente pubblico), ad iscrizione facoltativa, il quale provvede a rilasciare autorizzazioni, in veste di licenze, agli utilizzatori delle opere dei propri associati per determinate utilizzazioni, percependo e corrispondendo loro i proventi ottenuti. Di fatto una collecting society svolge un’attività che l’autore non potrebbe svolgere da solo, viste le capacità organizzative e territoriali necessarie per articolare tali diritti su di un vasto territorio e attraverso i media più disparati. Nei Paesi della Comunità Europea, le società di collecting sono in genere una per Paese, detengono il monopolio di fatto (come in Germania) o legale (come in Italia) del loro ambito operativo e stringono accordi di rappresentanza e reciprocità con le società “consorelle” che svolgono la medesima attività negli altri Paesi. Una società di gestione collettiva non lavora solo a tutela delle opere degli autori propri iscritti ma anche degli autori delle società consorelle con cui abbia stretto accordi di reciproca rappresentanza in altri territori.
Nel 2003 la Commissione giuridica e per il mercato interno della UE aveva approvato una relazione di iniziativa (A5-0478/2003), mentre la Commissione Europea nel 2004 aveva diffuso una comunicazione (COM (2004) 261), con le quali si fornivano indirizzi e obiettivi di armonizzazione delle società di gestione collettiva europee. Altrettanto suggeriva la direttiva 29/2001 CE, che sottolineava la maggior esigenza, nella dimensione digitale di Internet, di una razionalizzazione e una maggior trasparenza dell’attività di gestione collettiva. Le società vengono considerate giuridicamente sempre e comunque come imprese perché esercitano attività di servizi che possono essere svolte da privati per un fine di lucro. Con la conseguenza di essere sottoposte alla disciplina della concorrenza e del mercato, come sono le norme antitrust, salvo circostanze particolari.
Nel 2007 (comunicazione 2007/C 128/06) la Commissione cercò di risolvere amichevolmente un caso sottopostole dalla Music Choice e dalla RTL – un provider di musica online ed una emittente radiofonica -, caso che verteva sui contratti-tipo di esecuzione pubblica adottati dalla CISAC (Confederazione Internazionale delle Società degli Autori e Compositori – la confederazione internazionale delle società di gestione collettiva dei diritti d’autore), ottenendo impegni formali delle società e della CISAC a ovviare ai problemi proposti. La CISAC, a cui aderiscono 24 società di collecting europee, fornisce un “ombrello”, cioè una piattaforma contrattuale di rappresentanza reciproca comune a tutte le società coinvolte, riguardante le licenze rilasciate per pubbliche utilizzazioni, contenente clausole che si ipotizzavano lesive della libera concorrenza.
Le osservazioni alla comunicazione della Commissione di alcune parti interessate (contenute nel MEMO/08/511), come i content provider, le emittenti radiotelevisive ed alcune società di gestione collettiva, sugli impegni assunti dalle società, furono negativi, tant’è che sottolinearono la difficoltà sempre sussistente per l’utilizzatore commerciale di ottenere una licenza “pan-europea” di diritti d’autore, che fosse valida in tutto il territorio della UE. In seguito si è arrivati alla decisione della Commissione del 16 luglio 2008. Ciò che questi “critici” volevano ottenere era la possibilità di ottenere da una società di gestione collettiva, anche diversa da quella del proprio Paese di appartenenza, una licenza che possa valere per più Paesi, magari nell’intera Comunità Europea. Ad es., l’utilizzatore vuole una singola licenza di diritto d’autore per poter trasmettere la stessa opera in più Paesi, senza dover richiedere in ogni Paese una distinta licenza. Analogamente, si vuole lasciare la libertà agli autori di potersi iscrivere liberamente in più società di gestione collettiva
Le pratiche proibite dalla decisione della Commissione UE consistono nell’apposizione di clausole standard di reciproca rappresentanza contenute nei contratti predisposti dalla CISAC e adottati da 24 società europee di collecting e che, secondo la Commissione, sono in violazione dell’art. 81 del Trattato UE e dell’art. 53 del Trattato EEA (detto in italiano “SEE”, riguardante la creazione di uno Spazio Economico Europeo di libero scambio).
La Commissione Europea più volte si è occupata dei profili antitrust dell’attività delle società di collecting, soprattutto alla luce degli articoli del trattato UE che vietano e sanzionano l’abuso di posizione dominante sul mercato, come l’art. 81 che colpisce le pratiche concordate e recita: “Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel […] fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione […], ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento”. In termini simili si esprime l’art. 53 del Trattato EEA.
La recente decisione della Commissione riconosce l’importanza del ruolo delle società di collecting ma si ritrova a dover vietare alcuni patti contrattuali tra le società, facenti parte tutte anche dello Spazio Economico Europeo. In particolare le società, in seguito alla decisione UE, non potranno più applicare:
a) le clausole di affiliazione, per cui fintantoché che è in vigore il contratto di rappresentanza reciproca, nessuna delle società di gestione collettiva contraenti può, senza il consenso dell’altra, accettare come membro alcun membro dell’altra società né alcuna persona fisica, azienda o impresa che abbia la nazionalità di uno dei Paesi nei quali opera l’altra società; di fatto si impedisce ad un autore di iscriversi anche presso un’altra società o trasferirsi verso un’altra società di gestione collettiva, essendo vincolato alla propria nazionalità;
b) le clausole territoriali, per cui gli utilizzatori commerciali possono ottenere una licenza soltanto dalla società di gestione collettiva locale. Ciò risulta da due diverse clausole:
I) clausola di esclusiva: la rappresentanza reciproca tra società avviene in esclusiva per il proprio territorio;
II) clausola di limitazione territoriale: la licenza concessa è limitata al territorio nazionale della società di gestione, anche per la diffusione via internet, la ritrasmissione via cavo e, con talune eccezioni, la trasmissione via satellite.
Le clausole territoriali impediscono quindi a una società di collecting l’offerta di licenze a utilizzatori commerciali al di fuori del proprio territorio d’appartenenza, ed erano già state riconosciute anticoncorrenziali dalla Corte di Giustizia Europea nel 1989 (cause Tournier e Lucazeau). Alcune società di gestione collettiva avevano già provveduto ad espungere queste clausole dai propri contratti.
L’obiettivo della Commissione UE è di contrastare la prassi concertata tra le società in particolare riguardo alla clausola di esclusiva, che avrebbe l’effetto di stretta segmentazione del mercato su base nazionale: a un utilizzatore commerciale che voglia offrire un servizio “pan-europeo” attraverso più media risulterebbe impedito il rilascio di una licenza che contemporaneamente copra più Stati membri, vedendosi costretto a negoziare una licenza distinta con ogni società di gestione collettiva di ogni Paese. Si tenga conto che il divieto di pratiche concertate in merito è stato sancito solamente nei riguardi di licenze per l’online, le trasmissioni satellitari e via cavo, lasciando impregiudicato quanto pattuito nel mercato offline che rappresenta tutt’ora la più grande fonte di proventi di diritti d’autore per le società.
La decisione lascia alle società la possibilità di libera concorrenza sulla qualità dei servizi e sui livello dei costi amministrativi, così da stimolarne la libera concorrenza e il miglioramento dell’offerta. La Commissione pretende che d’ora in poi le società modifichino i contratti e gli usi reciproci, procedendo ad una verifica dopo 120 giorni dalla pronuncia, ma non impone loro alcuna sanzione per il passato. Non è stata erogata una sanzione per due motivi: innanzitutto sarebbe ricaduta economicamente sugli autori iscritti alle società, in secondo luogo si è apprezzato il comportamento di alcune società che hanno già iniziato a rimuovere le clausole controverse.
Sia chiaro che la decisione della Commissione non è indirizzata alla CISAC bensì alle società di gestione collettiva che ancora prevedono – non tutte le adottano ad oggi, e la CISAC stessa le ha espunte da tempo dai nuovi modelli di contratto – nei propri accordi di reciprocità le clausole giudicate lesive della concorrenza, come la SIAE in Italia. La Commissione precisa che la decisione non vuole ostacolare l’idea stessa di accordo bilaterale di rappresentanza tra le società o l’ipotesi di una limitazione territoriale, bensì solo le particolari clausole incriminate di coordinamento per una limitazione territoriale nazionale, nonché i relativi effetti anticoncorrenziali. Proprio per questo la Commissione sottolinea che la sua decisione non andrà a colpire i repertori locali dei piccoli Paesi e la relativa diversità culturale.
Secondo la Commissione dai nuovi divieti trarranno beneficio gli autori, i quali potranno scegliere la società che meglio può negoziare i propri diritti (sulla base della qualità del servizio, dell’efficienza nell’attività di collecting e dell’ammontare della provvigione trattenuta), non essendo più obbligati ad utilizzare la propria società nazionale. Dovrebbero trarne vantaggio, sempre secondo la Commissione, anche gli utilizzatori, soprattutto nel caso di licenze per l’utilizzo delle opere musicali in Internet, via cavo e via satellite, che potranno essere valevoli per più Paesi in una volta sola, contribuendo finalmente all’espansione del settore. La Commissione ribadisce sostanzialmente quello che aveva già indicato con una propria raccomandazione del 2005 (IP/05/1261) ove si invocava la libertà degli autori di poter scegliere liberamente la propria società di gestione collettiva, superando il principio della nazionalità, per arrivare alla concessione di licenze multiterritoriali “pan-europee”, che realizzino un concreto e libero Spazio Economico Europeo, cosicché si arrivi a quanti più accordi con più società possibili. La Commissione non trova un motivo ragionevole per cui ciò dovrebbe andare a detrimento delle piccole società di collecting e del repertorio dei piccoli Paesi.
Estremamente negativo è stato invece il commento dell’ECSA (European Composers and Songwriters Alliance), l’associazione europea che rappresenta moltissimi autori musicali europei, tra cui possiamo contare Charles Aznavour, Robin Gibb, David Gilmour, Mark Knopfler, Sir Paul McCartney, ecc. L’ECSA aveva rappresentato al Presidente dell’Unione Europea, José Manuel Barroso, le gravissime ripercussioni che una tale decisione avrebbe comportato, ritenendo che avrebbe distrutto la raccolta dei proventi in Europa, costituendo “un attacco alla diversità culturale e un danno per i musicisti. Di tale decisione beneficeranno esclusivamente gli utilizzatori dei repertori delle multinazionali, mentre le piccole medie imprese europee e gli autori non legati alle multinazionali ne pagheranno le conseguenze. Come le piccole società di gestione collettiva, le quali non saranno più in grado di affrontare il mercato, di conseguenza spariranno, e con loro gli editori musicali indipendenti e i piccoli autori”. Dello stesso tenore critico è stato anche il commento del Presidente della SIAE, Avv. Giorgio Assumma, che ha sottolineato come nell’Unione Europea, quindi anche in Italia, gli autori siano da tempo liberi di aderire alle società di autori che preferiscono, pertanto la concorrenza nel settore sarebbe già garantita da tempo. Non sussisterebbe alcuna “clausola di affiliazione”, afferma il Presidente Assumma, che ponga vincoli agli autori nell’adesione a qualsiasi società. Mentre il Presidente Assumma si è detto fortemente preoccupato dallo scenario che in seguito alla decisione europea si prefigura nella raccolta dei diritti, specialmente in un contesto quale quello dell’online, in cui autori e società di gestione collettiva già incontrano rilevanti difficoltà nell’ottenere il riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale.
Al contrario, FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), che rappresenta in Italia rappresenta le maggiori imprese produttrici e distributrici del settore discografico, ha accolto con favore la decisione della Commissione, affermando che lo sviluppo della musica digitale in Europa è stato frenato negli ultimi anni da “un’inconcepibile sistema di licenze che andava contro lo spirito stesso della rete”, augurandosi che con questa decisione “il mercato online possa finalmente raggiungere il tasso di crescita americano e che si sviluppi anche in Europa un sano e competitivo mercato dei diritti d’autore”, come ha dichiarato Enzo Mazza, presidente della federazione.