Una domanda frequente fra i musicisti che iniziano a effettuare prestazioni musicali ed entrano nel mercato del lavoro in qualità di lavoratori dello spettacolo è la seguente: come devo regolarmi dal punto di vista giuridico – fiscale e percepire reddito per l’attività svolta?
Partendo dal presupposto che l’attività del musicista si contraddistingue per il suo carattere atipico, spesso intermittente e determinato da occasioni lavorative discontinue e temporanee, ho ritenuto opportuno presentare una panoramica delle diverse alternative che il musicista può trovare per suonare in pubblico perfettamente in regola con la normativa giuridico – fiscale italiana.
Occorre premettere che il musicista può agire sia in qualità di prestatore di lavoro subordinato ai sensi del codice civile (art. 2094), sia assumendo le vesti di lavoratore autonomo e obbligandosi “a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente“ (artt. 2222 e seguenti del codice civile).
I musicisti assunti come lavoratori dipendenti sono generalmente quelli che operano all’interno degli enti lirici e sinfonici e dei teatri stabili, i quali sono impiegati sia con contratti a tempo indeterminato sia mediante rapporti di assunzione a termine (generalmente stagionale). Tali rapporti sono disciplinati dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati fra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e quelle maggiormente rappresentative di categoria dei lavoratori. In queste ipotesi i musicisti (artisti lirici, coristi, personale artistico e orchestrale, maestri collaboratori, professori d’orchestra) agiscono come prestatori di lavoro subordinato (così definito ai sensi dell’art. 2094 c.c.) e prestano il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. La loro posizione è caratterizzata da dipendenza gerarchica dagli ordini del datore di lavoro, dalla pre-definizione dell’orario di lavoro e dal compenso commisurato generalmente all’orario di lavoro.
La maggior parte dei musicisti che invece non hanno contratti lavorativi come quelli appena descritti e che effettuano le proprie prestazioni artistiche in qualità di lavoratori autonomi incontrano diverse soluzioni per ovviare alle collaborazioni “in nero“ purtroppo ancora molto diffuse in questo settore.
Come lavoratori autonomi essi godono di autonomia organizzativa, tecnica e temporale e si coordinano con il committente al fine di raggiungere il risultato previsto. Non hanno quindi alcuna subordinazione gerarchica nei confronti del datore di lavoro; hanno libertà di trattativa nella fase precontrattuale e nella determinazione del compenso che viene commisurato alla professionalità e al risultato; si assumono il rischio della buona riuscita della prestazione; concordano i tempi di lavoro con il committente.
A seconda della strutturazione del musicista, dei proventi da questo incassati e della professionalità e abitualità del lavoro svolto, si possono qualificare le seguenti tipologie di lavoro autonomo:
1) collaborazioni occasionali;
2) attività professionale con apertura della Partita IVA.
Dal punto di vista fiscale e tributario i musicisti che svolgono attività non professionale nei confronti dell’impresa che li recluta, possono far rientrare le loro prestazioni nell’alveo delle collaborazioni occasionali ed operare semplicemente con il loro codice fiscale senza necessitare di una posizione IVA.
Le prestazioni occasionali sono disciplinate dalla Legge Biagi, il D. Lgs. n. 276/2003, che le definisce “prestazioni di durata complessiva non superiore ai 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente e comunque non superiore a € 5.000 complessivi annui“ (art. 61). Si tratta di performance saltuarie e autonome, commissionate da un cliente con cui il musicista concorda la prestazione da eseguire dietro corresponsione di un compenso valutato in base alla qualità e quantità del lavoro svolto, non alla sua durata. Da un punto di vista fiscale, il compenso lordo sarà corrisposto al netto della ritenuta d’acconto del 20% il cui versamento sarà a carico del cliente.
All’atto dell’erogazione del compenso il musicista dovrà quindi rilasciare una ricevuta (nota di collaborazione) intestata al committente, in cui dovrà indicare i seguenti elementi:
– dati personali: nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza, codice fiscale;
– descrizione della prestazione;
– importi da versare, al netto della ritenuta d’acconto (20%);
– indicazione che si tratta di prestazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n. 633/1972;
– data e firma.
Copia di questa ricevuta dovrà essere conservata dal musicista come documentazione di quanto percepito nel corso dell’anno al fine di redigere la propria dichiarazione dei redditi ma non vi sarà alcun obbligo di tenuta contabile in capo al prestatore d’opera occasionale. Da un punto di vista fiscale, il corrispettivo percepito in tali ipotesi rientra nella categoria dei “redditi diversi“ ovvero quelli “derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dall’assunzione di obblighi di fare non fare o permettere“ (art. 81, comma 1, lettera I del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917/1986). Tali redditi concorreranno alla determinazione del reddito complessivo con la possibilità di detrarre le spese sostenute per eseguire la prestazione (se documentate). Il committente verserà quindi all’Erario la ritenuta d’acconto quale anticipo sulle tasse del collaboratore e rilascerà a quest’ultimo una certificazione annuale riassuntiva degli importi erogati.
La formalizzazione di tali rapporti di lavoro mediante appositi contratti non è obbligatoria per legge, ma ciò non impedisce di regolarizzare la collaborazione con riferimento alla singola data e alla relativa prestazione. Lo strumento utilizzabile in tali circostanze è una lettera di incarico in cui sarà opportuno specificare che si tratta di prestazione meramente occasionale (rientrante nelle previsioni dell’art. 67, lett. l) del D.P.R. n. 917/1986) determinando le parti, l’oggetto della prestazione, il compenso lordo e le modalità di esecuzione dell’incarico.
Le collaborazioni occasionali costituiscono una forma di lavoro autonomo particolarmente utilizzata nel settore dello spettacolo, specialmente da parte delle imprese di medie e piccole dimensioni che necessitano di una gestione amministrativa e fiscale semplice e veloce e di quei musicisti che svolgono la loro attività musicale a livello strettamente sporadico.
Nel momento in cui l’attività del musicista assume caratteri della professionalità, ovvero diventa abituale e maggiormente remunerativa, conviene aprire una partita IVA ed esercitare in modo organizzato e continuativo la propria attività di impresa. Nonostante la legge italiana imponga l’apertura della partita IVA solo ai professionisti iscritti agli appositi albi (quali avvocati, commercialisti ecc.), spesso accade che siano gli stessi committenti titolari degli esercizi pubblici in cui il musicista si esibisce a richiedere che l’artista emetta una vera e propria fattura: questo comporta la necessità che l’artista sia strutturato come esercente attività di impresa e sia dotato di una posizione IVA.
Prima di scegliere questo indirizzo professionale è sicuramente consigliabile effettuare una valutazione di opportunità, considerando il rapporto costi / ricavi: non conviene infatti aprire la partita IVA nel caso in cui i guadagni non siano sufficienti a giustificare i costi da sostenere.
Dal punto di vista strettamente burocratico aprire una partita IVA è molto semplice ed è gratuito: basta recarsi presso l’agenzia delle Entrate competente muniti di un valido documento di riconoscimento e compilare il modulo di dichiarazione inizio attività per imprese individuali e lavoratori autonomi (Mod. AA9/8) in tutti i suoi elementi ed entro 30 giorni dall’effettivo inizio dell’attività (è altresì possibile effettuarne la trasmissione telematica tramite computer).
Non altrettanto facile invece, è la tenuta della propria contabilità, ordinaria o semplificata, cosicché diventa necessario avvalersi di un esperto che provveda a tutti gli adempimenti del caso. Il consiglio di un commercialista può risultare utile anche nella fase iniziale dell’attività, al fine orientare il musicista nella scelta del regime contabile più conveniente. Per coloro che iniziano una nuova attività di impresa infatti, lo Stato ha introdotto alcuni regimi fiscali agevolati grazie ai quale la tassazione sui redditi è calcolata in modo forfettario e gli adempimenti contabili sono notevolmente semplificati (come il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo previsto dall’art. 13 della L. n. 388/2000; oppure regime dei minimi previsto dalla Legge finanziaria del 2008). Per ogni prestazione eseguita, il musicista dovrà emettere una fattura in duplice esemplare, uno per il committente e uno da conservare per la propria contabilità. Tale documento deve contenere:
– il numero di codice fiscale e di partita IVA del prestatore d’opera professionale;
– la data di emissione e il numero progressivo della fattura;
– la ragione sociale di chi la emette e del destinatario;
– la residenza o il domicilio di entrambe le parti;
– l’oggetto della prestazione;
– il corrispettivo stabilito;
– l’indicazione del particolare regime fiscale scelto.
La possibilità di detrarre determinati costi dal reddito professionale e di scaricare l’IVA dagli acquisti relativi allo svolgimento dell’attività professionale costituiscono i due principali vantaggi dell’essere strutturati come imprenditori.
Importante ricordare che gli oneri previdenziali (agibilità e versamenti contributivi) restano a carico del datore di lavoro/committente, salvo che il lavoratore non sia iscritto in ENPALS come lavoratore autonomo esercente attività musicale (in tal caso verserà i contributi all’ENPALS personalmente e sarà incaricato di richiedere il certificato di agibilità). Indubbiamente i costi di gestione sono più elevati rispetto all’ipotesi delle semplici collaborazioni occasionali, poiché sulla base del reddito maturato e del regime scelto, ci sono una serie di dichiarazioni annuali da presentare (Modello Unico, IVA, IRAP) e di relativi versamenti il cui corretto adempimento richiede indubbiamente l’ausilio di esperti (con ulteriori costi da sostenere).
Una diversa soluzione che il musicista può considerare e che risulta sicuramente molto vantaggiosa, è la possibilità di iscriversi a una società Cooperativa di Spettacolo.
Si tratta di cooperative di produzione e lavoro il cui obiettivo è quello di procurare lavoro ai propri soci alle migliori condizioni possibili, sia in termini qualitativi che economici. Questa forma associativa si differenzia dalle società a scopo di lucro poiché persegue appunto uno scopo mutualistico favorendo i propri soci nell’ottenimento di maggiori vantaggi economici e occasioni lavorative più vantaggiose rispetto a quelle che otterrebbero sul mercato.
Il musicista che aderisce a una cooperativa di spettacolo inizierà a prestare la sua attività come socio lavoratore della cooperativa, continuando a gestire in piena autonomia la propria attività professionale. Egli potrà godere di vantaggi previdenziali, assistenziali e fiscali. La cooperativa infatti, assunte le vesti di datore di lavoro del musicista, si occuperà di tutte le pratiche fiscali e previdenziali legate al rapporto di lavoro quali:
– le pratiche Enpals: iscrizione e versamento dei contributi, richiesta certificati di agibilità per le varie prestazioni;
– la fatturazione: sarà la cooperativa infatti che emetterà fattura per la prestazione effettuata dal musicista;
– i conteggi mensili e il versamento dei contributi e delle tasse statali a fine anno;
– la busta paga mensile e la consegna del modello CUD.
In tal modo il socio lavorerà in regola, versando correttamente tutti i contributi e le tasse previste per legge; gli enti previdenziali e assistenziali riconosceranno a questi lavoratori tutti i vantaggi e le tutele riservate ai lavoratori dipendenti, qualora ne sussistano le condizioni; il committente dal canto suo si interfaccerà direttamente con la cooperativa che fatturerà la prestazione del musicista e non avrà alcun onere se non quello di pagare la prestazione nei termini concordati.
Ulteriori vantaggi consistono nel fatto che il socio, assumendo la qualifica di lavoratore dipendente, avrà la possibilità di dedurre dal proprio imponibile le spese sostenute per l’attività (come impianti e attrezzature) e godrà delle indennità di trasferta e dei rimborsi spese esenti da imposte.
Occorre però distinguere fra cooperative serie e società che operano in qualità di semplici «fatturifici»: queste ultime infatti agiscono con il solo scopo di risolvere il problema delle agibilità Enpals che sarebbero altrimenti a carico del datore di lavoro o del lavoratore autonomo e non si curano quindi di fornire tutta una serie di servizi ulteriori importanti per il lavoratore. Le cooperative di produzione e lavoro che lavorano con professionalità e sono gestite in assoluta democraticità, assicurano infatti anche: copertura INAIL in caso di infortunio o malattia sul lavoro, procacciamento del lavoro, assegni familiari, indennità di maternità (per entrambi i genitori), indennità di disoccupazione. Garantiscono la qualità della vita e del lavoro, avendo il lavoratore diritto ai riposi giornalieri e settimanali previsti dalle norme sull’orario di lavoro e diritto alla sicurezza sul luogo di lavoro.
Per concludere occorre precisare che, a fronte dei vantaggi appena elencati, l’iscrizione a una cooperativa non è esente da costi: ci sono infatti le quote di capitale sociale da versare al momento dell’iscrizione, nonché i contributi amministrativi e di gestione annui che variano da struttura a struttura. Si tratta comunque di cifre accessibili purché valutate nell’ottica di un’attività lavorativa sufficientemente attiva da giustificarne i costi. In genere infatti, è necessario che per ciascuna prestazione il musicista percepisca un compenso non inferiore a certe cifre minime (euro 70,00 + iva, poiché, in caso contrario, la paga risulterebbe al di sotto dei minimali stabiliti da contratto collettivo nazionale) e che realizzi un numero di serate indicativamente non inferiore a tre al mese.
Nell’augurarci che questa breve panoramica sia stata di aiuto per orientare al meglio la vostra attività professionale, lasciamo ora a voi musicisti la scelta della modalità lavorativa più adatta alle vostre esigenze. Buona musica!