Sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 59 dell’11 marzo è stato pubblicato il DPCM 19 dicembre 2012 intitolato “Individuazione, nell’interesse dei titolari aventi diritto, dei requisiti minimi necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari dei diritti connessi al diritto d’autore, di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni.”
Chi vorrà accedere al mercato della gestione dei diritti degli artisti, interpreti ed esecutori dovrà, tra l’altro, costituire in Italia una società contemplata dal diritto italiano o dal diritto Ue, versare e mantenere un patrimonio netto minimo di 10mila euro, procurarsi fidejussioni bancarie, ottemperare al Digs 231/2001, adeguare lo statuto alle norme del codice civile sulla tenuta dei libri sociali e sulla redazione del bilancio e sulla presenza di un collegio sindacale.
Ecco il link al sito del Governo da cui è scaricabile il decreto: www.governo.it/DIE/attivita/DPCM_19122012.pdf.
Pubblichiamo di seguito il comunicato del Nuovo IMAIE diffuso ieri, che riporta alcune osservazioni fortemente condivisibili.
“I diritti connessi degli artisti: cronaca di una morte annunciata”
A pochi giorni dallo scadere del proprio mandato, il Governo Monti pubblica sulla G. U. il Decreto della Presidenza del Consiglio che stabilisce i “requisiti minimi” cui ogni soggetto interessato a intermediare i diritti connessi degli artisti si dovrà adeguare. Il Decreto, quindi, dovrebbe fornire il quadro regolamentare di riferimento per dare piena attuazione alla liberalizzazione dell’attività di gestione dei diritti degli artisti voluta dal Governo Monti per garantire una maggiore “economicità” dell’attività di gestione dei diritti connessi e una maggiore partecipazione degli artisti.
Ma quali sono questi requisiti? Stando al Decreto, qualunque impresa dotata di un minimo di organizzazione e capace di fornire un minimo di garanzie economiche, potrà svolgere, in un regime di concorrenza, attività di intermediazione dei diritti degli artisti (anche di uno solo) che le avranno dato mandato. Intal modo, sarebbe garantito un “razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari di tali diritti”.
Ma la domanda è: viene garantita la tutela dei diritti degli artisti? Certamente no.
La realtà è che con questo Decreto si aprirà la strada ad un vero e proprio caos dove la categoria artistica sarà l’unica vera vittima. Non è difficile immaginare lo scenario.
Ogni impresa, in concorrenza con le altre, lotterà per ottenere il mandato dagli artisti “più redditizi” a discapito di artisti comprimari e meno noti; ogni impresa tenderà a stabilire dei criteri di ripartizione dei compensi che saranno a vantaggio dei propri iscritti, creando un’inaccettabile disparità di trattamento tra la categoria artistica; i vari utilizzatori approfitteranno di questa generale confusione per non pagare o ritardare i pagamenti, nella migliore delle ipotesi, con conseguente totale paralisi dell’attività di riscossione e quindi di distribuzione dei compensi.
Come è pensabile, che un utilizzatore sia disponibile a pagare, per lo stesso diritto, più interlocutori, con conseguente aggravio dei costi di gestione accordi e di rendicontazione? E ancora come sarà possibile incassare i compensi per l’utilizzo o la diffusione di film o di brani musicali i cui artisti saranno tutelati da enti diversi? E ancora, con quali criteri si potranno ripartire i compensi derivanti dall’uso di opere i cui artisti saranno tutelati da enti diversi? E infine, come tutelare i diritti degli artisti che non daranno mandato a nessun ente?
Questi solo alcuni degli interrogativi sottovalutati dal Governo Monti nell’intero iter che ha portato alla liberalizzazione del settore, un iter animato esclusivamente dall’obiettivo di scardinare il “monopolio” di Nuovo IMAIE e non invece da quello di garantire una maggiore tutela dei diritti degli artisti.
Ciò viene ulteriormente confermato dalla circostanza che il Governo non ha rispettato l’impegno assunto davanti al Parlamento in data 12 dicembre 2012 di pubblicare detto Decreto contestualmente al Decreto di riordino del diritto connesso – atteso dal 2010 – necessario per garantire una competizione basata su regole certe e, soprattutto, per colmare le lacune lasciate aperte dal processo di liberalizzazione.
Con la pubblicazione di questo Decreto, invece, il Governo uscente ha voluto chiudere la “pratica” liberalizzazione dell’attività di intermediazione dei diritti connessi degli artisti, una “pratica” aperta senza prima alcun confronto con i diretti interessati e chiusa senza rispettare gli impegni presi in Parlamento e, quindi, trascurando la portata delle sue conseguenze presso la categoria artistica.
Fonte: Dirittodautore.it