Nel corso di tutto il 2008 un argomento, tra i tanti trattati nella nostra rubrica, ha ottenuto più di ogni altro l’attenzione degli operatori del settore, in particolare dei produttori fonografici: il tema della previdenza dovuta ai cantanti per le prestazioni rese in sala di incisione. Vediamo come è andata a finire.
L’emanazione della circolare n. 5, a causa delle incertezze applicative e della predetta regolarizzazione del pregresso, oltre che degli elevati importi contributivi previsti, come sappiamo, aveva causato numerose critiche da parte di tutte le parti sociali, e in particolare delle piccole etichette indipendenti.
L’Enpals, dopo l’emanazione della circolare n. 5, è di seguito intervenuta con successive circolari con le quali ha disposto successivamente vari rinvii dei termini fissati dalla circolare n. 5 per regolarizzare i contributi previdenziali dovuti in relazione alle prestazioni in sala d’incisione dei cantanti. Rinvii che sono stati dettati da vari motivi, non ultimi dalle difficoltà interpretative e applicative testè illustrate oltre che dalla necessità di confrontarsi con le critiche delle parti sociali, reclamanti modifiche alle disposizioni.
Su pressante richiesta delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria dei discografici veniva quindi convocata una riunione di carattere politico e non tecnico (come invece lascia intendere il messaggio dell’Enpals del 14 ottobre 2008) dal Sottosegretario al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, sen. Pasquale Viespoli, per il giorno 30 settembre 2008.
In tale riunione, alla presenza di tutte le organizzazioni sindacali e della dirigenza dell’Enpals, il Sottosegretario negava la disponibilità di modificare la norma ministeriale e a procedere ad ulteriori rinvii di scadenze di pagamento. Veniva invece mostrata una certa apertura rispetto alla possibilità di procedere all’adeguamento delle contribuzioni convenzionali per l’avvenire (le quali ai sensi dell’art. 2, co. 2 del Decreto avrebbero dovuto avvenire a scadenze triennali, superato il primo biennio di applicazione, cui avrebbe dovuto fare seguito una verifica sull’attuazione del Decreto e un primo adeguamento delle retribuzioni fissate nella tabella, verifiche e adeguamenti che però non hanno mai avuto luogo) e ad aprire un tavolo tecnico per procedere a modificare la norma alla condizione che le parti sociali definiscano un contratto nazionale di settore che ne consenta tale revisione. Si invitavano infine le sigle presenti a presentare un documento unitario contenente richieste di chiarimento e suggerimenti applicativi del Decreto, compatibili con la norma e con la tabella in essa contenuta, nota che veniva puntualmente consegnata nei giorni successivi.
A solo due giorni dalla oramai non più prorogabile scadenza dei pagamenti, in data 14 ottobre 2008 è infine intervenuto il messaggio n. 6 dell’Enpals, recante «indicazioni di carattere operativo» e «alcuni chiarimenti in ordine all’ambito di applicazione della norma», «allo scopo di agevolare le imprese del settore nella corretta applicazione della normativa di riferimento».
Ne commentiamo insieme il contenuto.
1) Si specifica il concetto dell’applicazione delle retribuzioni convenzionali previste dal Decreto ai soli casi di supporti fonografici prodotti per essere destinati alla commercializzazione. L’interpretazione supera quanto affermato dalla circolare n. 5, la quale, all’opposto, estendeva l’applicazione della norma anche ai supporti non destinati alla commercializzazione (ad es. i Cd contrassegnati come omaggio). Secondo il messaggio dell’Enpals, tale interpretazione sarebbe da ricavarsi non già dal testo del Decreto, ma dalla Tabella esso allegata, nella cui prima colonna «Numero supporti fonografici venduti» è riportato come primo valore di supporti venduti 0–30.000 e non invece 1–30.000, valore che lascerebbe intendere che la norma si applichi solo ai supporti venduti. Il messaggio in realtà inserisce l’interpretazione della norma fornita dal Sottosegretario Viespoli nel corso della richiamata riunione del 30 settembre 2008: interpretazione quindi autentica, in quanto fornita dallo stesso organo che ha emanato la norma. A riguardo il messaggio dell’Ente specifica infatti che «il requisito che integra la natura professionale della prestazione svolta dal cantante è costituito dalla finalità in forza della quale il produttore organizza e realizza l’attività di incisione del supporto fonografico: ove il supporto sia inciso con la finalità di commercializzazione nell’ambito di uno o più canali di vendita, la prestazione è, per assunto, resa in via professionale e, quindi, sussiste, al momento dell’incisione, l’obbligo contributivo». Come dire: se il disco è commercializzato o destinato alla commercializzazione, allora l’attività svolta dal lavoratore è stata professionale e gli è dovuta la contribuzione convenzionale, viceversa se non ha pubblicazione (per esempio copie omaggio o altra utilizzazione che non sia la vendita di supporti, come ad es: sincronizzazioni con immagini in movimento) allora l’attività svolta è stata dilettantistica e pertanto la previdenza non è dovuta. Anche se il principio è conforme alla casistica in uso nel settore (le prestazioni rese in studio dai cantanti vengono retribuite con cachet fissi e non con royalty per registrazioni con destinazione diversa dalla vendita), ci pare errato nella sua essenza: l’obbligo contributivo dovrebbe scaturire dalla prestazione e dal fatto che essa è retribuita, direttamente o con un compenso differito, e non invece dall’uso che di essa viene fatto. Non soddisfa pertanto l’assunto “commercializzato = professionale”. Le copie omaggio, espressamente escluse dal calcolo dal messaggio Enpals, per esempio, sono nella maggior parte dei casi chiaramente una forma promozionale che anticipa di un prodotto commerciale, reso certamente da professionisti. E ancora: gli artisti con contratto discografico percepiscono la royalty non solo per la vendita, ma per ogni sfruttamento commerciale del fonogramma. Per esempio: la registrazione pure nata per la commercializzazione su supporti, non viene alla fine pubblicata per ragioni commerciali dall’etichetta, però viene utilizzata per la sincronizzazione per uno spot pubblicitario e in passaggi radiofonici. Il criterio della professionalità sostenuto non ci pare pertanto appropriato. Se il supporto non viene commercializzato eppure abbiamo un altro sfruttamento che genera ricavi, perché tali ricavi non dovrebbero essere soggetti a contributi previdenziali? L’impianto è incoerente con sé stesso!
2) Avallando il principio sopra enunciato il messaggio specifica come qualora «all’incisione del brano non faccia seguito la pubblicazione del relativo fonogramma, ricorre comunque l’obbligo contributivo ed il medesimo è, evidentemente, correlato alla prima fascia di cui alla citata tabella (numero di supporti venduti da 0 a 30.000) ». Ci chiediamo come farà l’Enpals a sapere che il supporto, cui non fa seguito la pubblicazione, era destinato al commercio?
3) Il messaggio inserisce ai fini del computo dei risultati della commercializzazione del supporto – parametro utile ai fini dell’individuazione della retribuzione convenzionale per brano che è, come già detto, correlata al numero dei supporti fonografici venduti – il riferimento ai canali di vendita nel loro complesso. Tra questi vengono citati anche la vendita tramite Internet, i download dei brani in via telematica, ecc. La norma ministeriale, la circolare 5/2008 e il messaggio hanno sempre fatto riferimento alla commercializzazione di «supporti fonografici» (termine con il quale vengono identificati dalla Legge sul Diritto d’Autore i supporti tangibili) e non a più generiche utilizzazioni di «fonogrammi» (termine più ampio che definisce le incisioni fonografiche in qualunque forma esse siano presentate, su supporto fisico in forma di file o altro).
Non si può pertanto accogliere l’inserimento del downloading di file audio digitali tra i canali di vendita: l’interpretazione resa dal messaggio andrebbe oltre il dettato normativo e in contrasto con esso. Rimangono invece incluse le vendite di supporti fonografici che avvengono attraverso Internet (c.d. e–commerce o mail order). Tra l’altro ci si chiede da chi e come dovrebbero essere forniti i dati di vendita dei supporti all’Enpals. I dati di vendita dei download sono a conoscenza del produttore fonografico e della Siae, la quale li raccoglie trimestralmente dai singoli negozi di musica online italiani. Su questo il messaggio non offre in ogni caso alcun chiarimento.
4) Viene finalmente chiarito che il Decreto riguarda solo gli artisti interpreti «primari», ovvero i cantanti con contratto discografico, e non anche agli altri eventuali soggetti che partecipano all’incisione del brano prestando un’attività di supporto alla realizzazione del medesimo (quali ad es. coristi, vocalisti, ecc.), per i quali si applicano gli adempimenti ordinari (ove l’imponibile da prendere a riferimento per il calcolo dei contributi dovuti rimane il compenso effettivamente corrisposto). Rimane tuttavia l’incongruenza sistemica del Decreto, emanato per regolare i rapporti con gli artisti sotto contratto discografico (retribuiti a royalty e non compensi corrisposti direttamente): perché dunque creare una differenza tra la figura del cantante sotto contratto discografico e, per esempio nel caso dei complessi musicali i cui membri siano tutti sotto contratto come artista primario, quella di un altro elemento del complesso musicale (ad esempio: tra il cantante e il batterista dei Finley, entrambi retribuiti a royalty)? Ne risulta una ingiustificata disparità di trattamento tra queste categorie di musicisti, tanto da esporre la norma al contrasto con le norme costituzionali.
5) Viene chiarito, come pareva ovvio, che il Decreto si riferisce solo le prestazioni rese in sala di incisione, e non anche quelle dal vivo, cui si applicano gli adempimenti ordinari.
6) Viene specificato che la contribuzione percentuale sul compenso convenzionale per brano (corrispondente al 32,70%) è indicata nella Tabella del Decreto e pertanto non può essere soggetta ad aggiornamenti (la misura dell’aliquota ordinaria vigente nell’assicurazione generale obbligatoria al momento della pubblicazione sarebbe ad oggi infatti del 33%). Per modificarla sarebbe necessario una revisione del Decreto, anche nell’ambito dell’adeguamento periodico previsto dall’art. 2, co. 2 dello stesso. Incoraggiamo tale adeguamento perché non ha alcuna giustificazione mantenere due aliquote distinte per l’attività dal vivo e per l’attività di studio e, nell’ambito della stessa tipologia di prestazione, tra cantanti «primari» (aliquota al 32,70%) e «coristi» e altri musicisti (aliquota al 33%).
7) Viene giustamente ricordato che, essendo la retribuzione convenzionale, non si applica la rivalsa di 1/3 sul lavoratore prevista dall’art 3 comma 1 del DPR 1420/71. L’intero ammontare previdenziale dovrà essere corrisposto dal produttore.
8) Vengono confermate le scadenze per l’assolvimento degli adempimenti contributivi e informativi relativi al periodo decorrente da gennaio 2004, rispettivamente, al 16 e al 25 ottobre 2008.
9) Viene infine ricordato e ammesso, e in un certo senso «caldeggiato», il ricorso alla rateizzazione, per venire incontro alle realtà del settore fonografico, specie quelle di piccole dimensioni, che si ritroverebbero in maggiore difficoltà a pagare in un’unica soluzione il pregresso di ben tre anni e mezzo. L’istanza è da presentare entro e non oltre il 31 gennaio 2009, per ottenere l’ammissione al beneficio della regolarizzazione in forma rateale dei debiti contributivi – concernenti le prestazioni dei cantanti in sala d’incisione – maturati nell’ambito del periodo gennaio 2004/dicembre 2008. Il riferimento va al D. L. n. 159/2007, convertito in legge n. 222/2007, recepito in varie circolari Enpals come la n. 15 del 2002 (collegata alla n. 21 del 2000), ove si prevedono procedure di rateizzazione dei versamenti previdenziali. Pur rinviando alle dette circolari, oltre che agli sportelli Enpals, per i dettagli delle procedure, possiamo accennare qui alle formule previste. La procedura va avviata con richiesta di concessione del beneficio di regolarizzazione del debito in forma rateale ai sensi dell’art l4–bis del D. L. n. 159/2007, il cui modello è disponibile anche sul sito dell’Enpals. Nel modello di domanda andranno indicati gli importi contributivi dovuti e i periodi di riferimento, oltre ad autocertificare i requisiti necessari per la domanda. L’accoglimento della domanda potrà dar luogo, a seconda delle condizioni e dei requisiti del caso, ad una procedura di pagamento rateizzato dei debiti contributivi per un arco di tempo che potrà essere: fino a 12 mesi, da 13 a 24 mesi, da 25 a 36 mesi e da 37 a 60 mesi, con versamento di una rata iniziale provvisoria. La decisione sull’accoglimento della domanda sarà presa dai Dirigenti degli uffici periferici Enpals, fino a determinati importi massimi, oltre i quali sarà competente la Direzione centrale di Roma. La procedura di rateizzazione non nasconde però un grosso ostacolo applicativo: la necessaria fideiussione bancaria o assicurativa che deve accompagnare la richiesta. Una garanzia che – com’è evidente – non tutti i produttori, specie quelli di più modeste dimensioni, potranno concretizzare, ritrovandosi di nuovo stretti nella morsa degli adempimenti.
In ogni caso, su tali rateizzazioni, considerata la sussistenza della fattispecie della «novità o complessità di obblighi o adempimenti contributivi che traggono origine dall’applicazione di innovazioni normative caratterizzate da profili di incertezza interpretativa, le cui disposizioni attuative siano state emanate successivamente alla data di entrata in vigore dei predetti obblighi o adempimenti», l’ammontare delle somme aggiuntive, a titolo di sanzioni civili, è ridotto alla misura degli interessi legali vigente alla data di presentazione dell’istanza. In tale circostanza, la riduzione delle somme aggiuntive verrà concessa unitamente al provvedimento di regolarizzazione rateale.
Morale della favola: bisogna pagare, anche comodamente e nel tempo, ma per quanto concerne il passato bisogna pagare.
Al momento in cui si scrive, le associazioni di categoria rappresentanti i produttori fonografici Fimi, Afi, Pmi e le associazioni AssoArtisti–Confesercenti e Sos–Clacs–Cisl stanno predisponendo la proposta di contratto di settore che si ripromettono di sottoscrivere entro fine 2008, dandole così valore di Contratto Nazionale: in tale modo scavalcherebbero le disposizione del Decreto, nato per sopperire alla consolidata assenza di una contrattazione collettiva nella «determinazione dei compensi spettanti, con conseguente incertezza circa la base contributiva da applicare». Prossimamente dovrebbero finalmente avere avvio anche il Tavolo Tecnico riconosciuto dal Ministero del Lavoro. Le soluzioni che si prospettano, seppure migliorative rispetto al Decreto, non possono sembrare che palliativi. Nonostante le aperture offerte dal Ministero, il meccanismo della retribuzione convenzionale previsto nel Decreto e riservato solo a taluni soggetti, non convince. Esso ci pare iniquo perché crea una ingiustificata disparità di trattamento tra i lavoratori dello spettacolo, ed è allo stesso tempo incongruo perché fondato su presupposti normativi errati, quali il concetto della retribuzione proporzionata al successo commerciale della prestazione resa oppure il criterio della finalità di utilizzo della registrazione nella quale è inclusa la prestazione resa: a nostro avviso, esso si espone pertanto, oltre alle critiche degli operatori, al rischio di una giurisprudenza avversa. Sarebbe quindi più opportuno un intervento significativo del legislatore che porti una riforma complessiva della previdenza dei lavoratori in studio di incisione, e dello spettacolo in genere, il più possibile coerente col sistema normativo, condivisa con gli operatori professionali e attenta ai buoni esempi portati da altri Paesi.
Permetteteci una amara nota ironica in fundo. Strano scherzo ha giocato il destino al settore fonografico: la norma che è stata il pomo della discordia e rappresenta l’ombra della rovina per molte piccole case di produzione fonografica indipendenti è stata emanata dall’on. Roberto Maroni, allora Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, musicista, il quale si è fatto tristemente ricordare nel nostro settore per avere dichiarato pubblicamente, con quella che auspichiamo fosse solo una infelice provocazione, di scaricare musica illegalmente da Internet.