Chi è l’editore musicale? Quasi tutti ne hanno sentito parlare ma molti meno ne hanno compreso il ruolo e, soprattutto, la differenza da un’altra figura con la quale viene spesso confusa: quella del produttore discografico. Questo articolo vuole proporsi come una breve guida nel mondo delle edizioni musicali con lo scopo di fornire informazioni di base e chiarire malintesi ed errori comuni. Va da sé che la materia è complessa e molto ricca di contenuti, pertanto in questa sede ci limiteremo a trattare l’argomento in generale.
Partiamo con una premessa fondamentale: le edizioni musicali fanno esclusivo riferimento ai diritti d’autore, non ai diritti connessi (cioè i diritti che spettano agli artisti interpreti esecutori e al produttore fonografico). Il rapporto che si instaura tra editore e autore ha come oggetto la titolarità dei diritti d’autore patrimoniali (o di utilizzazione economica). Ciò che ha a che vedere con gli artisti, i produttori fonografici, i fonogrammi è del tutto estraneo al concetto di editore e delle edizioni musicali: è ininfluente che nel concreto, come spesso accade, l’editore sia anche produttore fonografico o che l’autore sia anche l’artista che esegue e incide le opere. Se non teniamo separati questi concetti rischiamo solo di fare tanta confusione!
Facciamo un breve excursus storico.
Nell’Ottocento gli autori potevano diffondere le proprie opere musicali solo in due modi:
1) tramite la pubblica esecuzione delle stesse, quindi attraverso musicisti che ne eseguissero la partitura;
2) tramite la circolazione della trascrizione su pentagramma delle opere, cioè la stampa.
All’epoca l’editore si presentava come l’imprenditore che professionalmente provvedeva a stampare le trascrizioni, allo scopo di darne la maggior diffusione possibile, e, dunque, garantendo proventi economici (derivanti dalla vendita o noleggio delle trascrizioni). È per questo motivo che l’editore era detto “editore per le stampe” anche nel settore musicale, visto che si occupava solo di pubblicare l’opera musicale in formato cartaceo e distribuirla al pubblico. In buona sostanza, l’editore metteva in campo la propria capacità imprenditoriale di diffusione dell’opera (sotto il profilo promozionale, realizzativo e distributivo), mentre l’autore contribuiva con la creazione della “materia prima”, cioè con la composizione della musica e con la scrittura del testo, a prescindere da chi in seguito eseguisse l’opera. In origine, quindi, il rapporto tra autore ed editore si formalizzava con un cd. contratto di edizione per le stampe, dove il primo cedeva i diritti di sfruttamento dell’opera per le stampe a fronte di una percentuale sui ricavi di vendita o comunque di utilizzazione dell’opera presso il pubblico grazie al lavoro svolto dall’editore.
Alla fine dell’Ottocento, con la diffusione della musica dal vivo, nel rapporto tra autore ed editore si rese necessario il subentro di un terzo soggetto: una realtà che amministrasse alcuni dei diritti d’autore, facendosi forte di un’organizzazione capillare che nessun editore né autore poteva sostenere. Stiamo parlando delle società di gestione collettiva dei diritti d’autore (ad es. SACEM, SIAE) che allora come oggi ricevevano mandato dagli autori ed editori per rilasciare licenze di utilizzo delle opere musicali. Al tempo la licenza riguardava esclusivamente i diritti di pubblica esecuzione delle opere musicali da parte degli artisti esecutori (i cosiddetti “DPE”; nell’abbreviazione adottata dalla S.I.A.E. sono indicati in ventiquattresimi e sono detti “diritti di esecuzione musicale”, abbreviati come “DEM”). Grazie a questo meccanismo gli utilizzatori (ad es. l’organizzatore di uno spettacolo o, in epoca moderna, l’emittente radiofonica che passa il brano) pagano una licenza alla società di gestione collettiva che a sua volta provvede alla ripartizione dei compensi agli aventi diritto (autori, compositori ed editori) secondo lo schema di ripartizione previsto nel bollettino di dichiarazione depositato presso la società di gestione collettiva.
Nel secolo scorso il rapporto autore-editore si è arricchito di utilizzazioni derivanti dallo sfruttamento di nuove tecnologie. Nascono quindi i diritti di riproduzione fonomeccanica (i cosiddetti “DRM) che sorgono dalla “fissazione dell’esecuzione dell’opera su fonogramma”, cioè, in altre parole, dalla registrazione dell’opera su un disco. Anche questi diritti vengono gestiti attraverso le società di gestione collettiva: il produttore fonografico paga una licenza alla società di gestione collettiva per la stampa dei supporti fonografici. Successivamente, come visto per i DEM, la società di gestione collettiva si fa carico di corrispondere agli autori ed editori quanto spettante.
Tirando le somme di quanto scritto sopra, si capisce che se in origine il rapporto tra editore e autore aveva ad oggetto solo una licenza per le stampe, nel corso del tempo si è trasformato in un rapporto di edizione musicale in generale con cui da un lato vengono coperte anche le nuove e svariate utilizzazioni che si sono sviluppate nel tempo (da ultimo quelle “digitali” quali streaming e download) e dall’altro l’editore acquisisce tutti i diritti di utilizzazione economica. “Acquista” vuol dire, appunto, che non si sta trattando di una licenza per un tempo determinato ma di un’acquisizione che, per prassi di mercato nel nostro Paese, è efficace per tutta la durata massima consentita dalla legge (pari oggi a 70 anni dalla morte dell’ultimo degli eventuali coautori o dell’unico autore!).
Quali sono i diritti di utilizzazione economica dell’opera che vengono ceduti all’editore?
L’elenco è lungo: diritto di pubblicazione, di riproduzione, di pubblica esecuzione, di comunicazione al pubblico, di elaborazione, di trascrizione ecc., tutti rigorosamente elencati nella legge italiana del diritto d’autore (n. 633 del 1941, d’ora in poi abbreviata “LDA”) agli artt. 12-19.
Cosa viene in tasca all’autore, dunque, da questa cessione editoriale, la quale deve avere per forza un corrispettivo (altrimenti sarebbe una donazione)?
Precisiamo anzitutto che il contratto di edizione musicale deve essere scritto (lo prescrive, per aversi prova della trasmissione dei diritti, l’art. 110 della LDA). In esso si stabilisce che a fronte della cessione dei diritti d’autore l’editore riconoscerà all’autore per i DRM e DEM esattamente la metà del totale dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell’opera (ergo 12/24 in DEM e il 50% in DRM) che verranno divisi con eventuali altri coautori. Anche in questo caso il riconoscimento della metà dei guadagni è una consuetudine commerciale e non un obbligo di legge, ma considerando che l’autore è parte contrattuale “debole”, normalmente l’accordo si chiude con questa divisione di guadagni.
È bene precisare, inoltre, che i DRM e i DEM non esauriscono tutte le utilizzazioni possibili dell’opera musicale. È possibile infatti che l’editore sfrutti l’opera anche in modi che non contemplano il tramite delle società di gestione collettiva. Ad esempio per quanto concerne la pubblicazione dello spartito (e/o del testo) per le stampe, oppure il diritto di sincronizzazione (cioè di abbinamento dell’opera musicale ad altre opere dell’ingegno, come capita nel caso di inserimento di musica in film e spot pubblicitari) o ancora il diritto di sfruttamento del titolo dell’opera, ecc., all’autore spetterà direttamente dall’editore la rendicontazione e il versamento della percentuale di spettanza, come prevista nel contratto di edizione musicale.
In aggiunta si deve tenere presente che non tutti i diritti vengono ceduti per sempre dall’autore all’editore: la pubblicazione a stampa (che comprende il diritto di trascrivere in qualunque modo e forma l’opera musicale e/o il testo letterario della stessa nonché di sfruttare tale trascrizione, si pensi ad es. al caso del pentagramma o dei canzonieri) è limitata a un massimo di venti anni (vedi l’art. 122 LDA), al termine dei quali si dovrà provvedere all’eventuale rinnovo per iscritto (rinnovo mai tacito e automatico).
Non trascuriamo inoltre che il nostro sistema giuridico non prevede la cessione dei diritti morali d’autore (quali il diritto di paternità dell’opera, di integrità dell’opera, di inedito e di pubblicazione, di ritiro dell’opera; vedi gli artt. 20 e seguenti della LDA), i quali sono per l’appunto incedibili, imprescrittibili (cioè non si estinguono per mancato esercizio nel tempo) e irrinunciabili. Onde per cui l’autore dovrà essere sempre riconosciuto come creatore dell’opera musicale e sarà l’unico a poter agire contro terzi (compreso l’editore) che violino i suoi diritti morali sull’opera.
Detto ciò, passiamo al secondo documento fondamentale per gestire il rapporto: il bollettino di dichiarazione. Esso è un documento amministrativo interno alla collecting ove gli autori e gli editori indicheranno i dati identificativi dell’opera e i propri, annoteranno le quote di ripartizione di DEM e DRM, sottoscriveranno il tutto e allegheranno un esemplare dell’opera (in origine si allegava la partitura della melodia nonché la trascrizione dell’eventuale testo).
Di fatto, quali sono i reali vantaggi per l’autore nell’avere un editore musicale (il quale, per inciso, non è affatto obbligatorio)?
Possiamo riassumerli principalmente come segue:
1) l’editore dovrebbe trovare delle remunerative utilizzazioni tramite la propria attività di contatti e promozione; l’autore senza editore, in genere, non ha modo di rinvenire tali occasioni da solo, necessitando dell’attività di professionisti del settore; in alcuni casi (come per es. in caso di sub-edizioni all’estero) è necessario un certo know-how per gestire economicamente e giuridicamente certe operazioni sull’opera nel migliore dei modi;
2) l’editore si dovrebbe occupare, per il bene comune, di gestire economicamente l’opera nel migliore dei modi, ovverosia dovrebbe verificare e controllare tutti i rendiconti di sfruttamento economico (anche quelli delle società di gestione collettiva) dovrebbe agire giudizialmente per la miglior tutela delle opere musicali, dovrebbe intermediare con tutti i terzi interessati i vari sfruttamenti;
3) sebbene la tecnologia abbia semplificato il procedimento, l’editore potrebbe essere una figura chiave nella gestione della parte burocratica per quanto riguarda l’iscrizione e il conferimento del mandato dell’autore alla società di gestione collettiva e per il deposito dei bollettini di dichiarazione, operazioni che – in alcuni casi – possono risultare difficili da gestire in maniera puntuale per l’autore in prima persona;
4) l’editore è una figura essenziale per il recupero di quegli sfruttamenti che per loro natura non possono essere incassati direttamente dagli autori (es. uso dei testi online, ecc.).
Abbiamo scritto “dovrebbe” perché quanto detto non è, di norma, ben specificato nel contratto di edizione musicale, ove di solito troviamo espressioni troppo generiche. Di fatto l’editore potrebbe anche non compiere nulla di quanto appena detto e, tuttavia, rimanere perfettamente valido il contratto di edizione musicale. Questo perché l’editore avrebbe già adempiuto ai suoi obblighi pubblicando l’opera. Proprio per questo va ben ponderata ogni proposta editoriale, basandosi oltretutto sulla storia dell’editore e notando per quali attività sia rinomato (a volte un editore è specializzato in determinate attività piuttosto che altre).
Si ricordi, comunque, che un’obbligazione minima l’editore musicale la deve inserire nel contratto di edizione musicale e rispettarla, ovvero l’obbligo di pubblicare l’opera in una qualche forma, in un numero minimo di esemplari (es. 500 copie in supporti) o forma equivalente (es. tramite la messa a disposizione del pubblico in determinati portali Internet), meglio se entro una data prefissata. In mancanza di tale obbligazione, il contratto rischia l’invalidità, come riscontrato più volte dalla giurisprudenza.
Come vengono impostati i contratti di edizione musicale?
Nella prassi si fa distinzione tra a) contratto di edizione opera per opera e b) di edizione in esclusiva. Nel caso a), oggetto del contratto di edizione sono solo le opere indicate nello stesso. Nel caso b), più raro, saranno oggetto del contratto tutte le opere musicali composte dall’autore in un periodo prefissato: l’editore deciderà a propria discrezione quali opere, tra tutte quelle composte e sottopostegli dall’autore, gli interessino effettivamente e dunque quali saranno cedute all’editore, lasciando quelle escluse all’autore. Il rapporto di esclusiva andrebbe adeguatamente remunerato con un compenso, a volte periodico (una sorta di stipendio), a favore dell’autore.
Circa il rapporto di edizione, possono figurare anche più editori: si tratta della cd. coedizione, ove il ruolo anzidetto è ricoperto contemporaneamente da più editori musicali (magari ognuno specializzato in diverse attività). In tal caso i vari editori si divideranno tra loro sempre e solo la quota editoriale detta all’inizio, non intaccando ulteriormente i proventi dell’autore.
Altro caso possibile è quello della cd. sub-edizione: si verifica quando l’editore cede (per un periodo prefissato) la titolarità o l’amministrazione dell’opera a un editore estero, per un tempo, un territorio determinati e alcuni o tutti i diritti dell’opera. Sarà in ogni caso l’editore originario a gestire il rapporto e i proventi concernenti l’autore.