L’INPS, tramite un proprio messaggio (n. 14802 del 19 settembre 2013, intitolato “Compensi per l’utilizzo e lo sfruttamento economico del diritto di autore e del diritto di immagine. Assoggettamento a contribuzione obbligatoria”), ha fornito chiarimenti circa gli aspetti fiscali e previdenziali dei compensi derivanti dallo sfruttamento economico dei diritti d’immagine nonché di opere tutelate dal diritto d’autore. Successivamente, dopo diverse polemiche e osservazioni sulla fondatezza di parte del messaggio, l’ente ha rilasciato un diverso messaggio (n. 19435 del 28 novembre 2013, dal medesimo titolo del primo) in cui ha fatto marcia indietro, tornando sui suoi passi nei punti più discutibili. Vediamo di capire che cosa è successo e le implicazioni di quanto affermato dall’INPS, facendo il punto sulla materia e chiarire il più possibile come comportarsi. In questa sede ci limiteremo comunque a indagare gli aspetti previdenziali, di per sé già sufficientemente complessi, trovando quanto esposto in materia fiscale pacifico e di appannaggio degli specialisti fiscali. Segnaliamo che l’INPS ha allegato al primo messaggio un’utilissima tabella riassuntiva per comprendere, a colpo d’occhio, come comportarsi fiscalmente (e previdenzialmente) quanto ai compensi da diritto d’autore e d’immagine. Salvo quanto segue.
Veniamo al primo messaggio INPS: riguardo ai profili previdenziali, più di un dubbio sorge, soprattutto per le contraddizioni che emergono dal confronto normativo. Ricordiamo che essendo l’atto dell’INPS un messaggio – come tale mero atto amministrativo interno – non è di per sé un atto con effetti al di fuori dell’ente. Tuttavia, poiché fornisce «soluzioni interpretative utili a orientare l’attività di accertamento dell’Istituto», va tenuto in debita considerazione da tutti, anche da parte dei privati (e dei loro consulenti) che lo devono applicare.
Andiamo con ordine, riassumendo quanto esposto dall’ente:
a) viene citata una precedente circolare Enpals (la n. 1 del 15 gennaio 2004) già intervenuta circa il trattamento previdenziale dei compensi percepiti a titolo di cessione dello sfruttamento economico del diritto d’autore, d’immagine e di replica; in merito abbiamo già scritto, trattando di una risposta del Ministero del Lavoro all’interpello n. 30 del 2009 e vi rimandiamo per ogni specifica considerazione;
b) il reddito per lo sfruttamento economico del diritto di autore risulta soggetto ad imposizione previdenziale solo se si tratta di:
I) lavoro dipendente o assimilato, oppure
II) esercizio abituale – ancorché non esclusivo – di arti e professioni;
nella nostra discussione, il tema analizzato è quello incerto e ambiguo del caso II, il lavoro autonomo, essendo sottoposto il caso I (raro nello spettacolo) agli adempimenti certi a carico del datore di lavoro;
c) il lavoratore può rientrare in una delle seguenti tipologie:
1) libero professionista iscritto a una delle forme previdenziali previste dal D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 e dal 10 febbraio 1996, n. 103 (cioè le Casse dei professionisti, ad es. per chi svolge attività di avvocato, commercialista, architetto, medico, ecc.); l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla base delle regolamentazioni adottate dalla singola Cassa ove è iscritto il lavoratore (che auto-liquiderà quanto di competenza direttamente all’ente);
2) artista iscritto al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo exEnpals, gestito oggi dall’INPS; l’obbligo contributivo (e informativo) sussisterebbe sempre e solo in capo al datore di lavoro (eccezionalmente nel lavoro autonomo, con diritto di rivalsa del datore verso il lavoratore nella misura del 9,19%, stante la misura spettante al datore del restante 23,81%: un totale del 33%); l’importo soggetto a contributi è pari a tutte le somme e i valori, a qualunque titolo, maturati nel periodo di riferimento in relazione al rapporto di lavoro (tranne le gratificazioni annuali e periodiche, i conguagli di retribuzione spettanti a seguito di norma di legge o di contratto aventi effetto retroattivo e i premi di produzione, ammissibili anche nel lavoro autonomo – ad esempio, è il caso delle cd. royalty, forme di remunerazione la cui misura è legata al risultato commerciale della diffusione dell’opera, quindi escluse dal computo della base di calcolo).
I compensi percepiti dall’autore, per l’utilizzazione economica del diritto di autore rimangono esclusi dalla base contributiva e pensionabile fino al limite del 40% dell’importo complessivo dei compensi percepiti dal lavoratore per la medesima attività lavorativa, comprensivo sia della remunerazione per la prestazione lavorativa effettuata che del corrispettivo legato alla cessione dello sfruttamento economico dei diritti (cfr. circolare Enpals n. 1/2004). Ciò per effetto dell’art. 43, co. 3, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289. Sotto il profilo operativo, al fine di definire il trattamento contributivo del compenso per la cessione del diritto di autore rilevato dalla dichiarazione dei redditi, è necessario, in ordine:
I. accertare che l’erogazione del compenso si collochi nell’ambito di un rapporto di lavoro, ancorché di natura autonoma, ovvero sia comunque ad esso riconducibile (ad es. spesso vi rientrano percentuali di sfruttamento stabilite con patti contrattuali – maturanti in epoca successiva e dunque in periodi di imposta successivi – rispetto al momento di svolgimento della prestazione lavorativa);
II. inquadrare tutti i compensi erogati dal medesimo datore di lavoro nel corso del tempo, anche avvalendosi delle dichiarazioni contributive;
III. sommare: l’importo totale dei compensi percepiti per la prestazione lavorativa a quelli per la cessione dello sfruttamento del diritto di autore;
IV. calcolare la contribuzione, esentando dall’assoggettamento a contribuzione l’importo del compenso per la cessione dello sfruttamento economico del diritto di autore entro la misura del 40% dell’importo dei compensi complessivamente percepiti (in relazione a quello specifico rapporto di lavoro).
Vengono poi ricordate dall’INPS le categorie di artisti anche titolari del diritto di autore, iscritte obbligatoriamente all’exEnpals (ad es. sceneggiatore teatrale, cinematografico o di audiovisivi, regista teatrale, cinematografico o di audiovisivi, ecc.), tra cui troviamo il compositore/arrangiatore musicale (codice exEnpals 075). Eventuali compensi per lo sfruttamento del diritto di autore a favore di qualifiche professionali diverse da quelle sopra indicate non godono del beneficio di esenzione contributiva introdotto nel 2002 e appena visto;
3) lavoratore autonomo non iscritto a una Cassa professionale e non rientrante nelle categorie degli artisti iscritti alla gestione exEnpals: trattandosi di redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo, è obbligatoria l’iscrizione alla Gestione separata e il conseguente assoggettamento a contribuzione obbligatoria. L’imponibile è pari all’importo del compenso incassato – al netto delle deduzioni forfettarie disposte dal TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi, Legge 22 dicembre 1986, n. 917) – ed entro i limiti dei massimali annui di imponibile previdenziale.
d) Infine, nel suo messaggio l’INPS tratta quanto sopra attraverso il diritto d’immagine (ovvero l’autorizzazione di una persona a che altri diffondano o pubblichino la sua immagine), di nuovo distinguendo le tre tipologie di lavoratori suddette con analoghi risultati e procedure, salvo alcune precisazioni peculiari per ogni tipologia:
1) l’INPS rileva come la fattispecie appaia inverosimile nella realtà: essendo lo sfruttamento economico del diritto di immagine connesso alla notorietà del titolare originario del diritto, pare difficile riscontrarlo riguardo a soggetti iscritti a Casse professionali;
2) le categorie artistiche titolari del diritto di immagine sono più ampie di quelle titolari del diritto di autore, essendo, in linea di massima, coincidenti con tutte quelle indicate dalla legge (art. 3, comma 1, numeri da 1 a 14, D.Lgs.CPS 16 luglio 1947, n. 708) quali lavoratori dello spettacolo; si richiama la summenzionata risposta del Ministero del Lavoro all’interpello n. 30 del 2009, ove si ribadisce la necessità “dell’effettivo e riconosciuto valore, sul mercato, della persona, in relazione alla sua notorietà”; si precisa che l’erogazione dei compensi per l’attività può provenire anche da più soggetti, purchè riconducibile alla medesima attività lavorativa; infine si segnala una prassi di uso illecito di società per la gestione dei diritti d’immagine, con evasione fiscale e contributiva dei relativi compensi perchè dichiarati quali utili di impresa, erroneamente;
3) trattandosi di proventi che rientrano – per effetto delle norme tributarie – nei redditi di lavoro autonomo, di conseguenza si configura l’iscrizione alla Gestione separata INPS e il conseguente assoggettamento a contribuzione obbligatoria.
Quanto sopra enunciato dall’INPS in merito è apprezzabile nell’intento di voler mettere ordine nel confuso e complesso campo della contribuzione dello spettacolo e del diritto d’autore (anche allegando utili tabelle). Ciononostante troviamo discutibili diverse affermazioni dell’ente. Le spieghiamo brevemente, seguendo la logica esposta nel messaggio:
a) non è vero che l’obbligo contributivo sussista sempre e solo a carico del datore di lavoro, tant’è che esiste la fattispecie del lavoratore autonomo esercente attività musicale presso la gestione exEnpals (introdotto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con decreto 15 marzo 2005 e disciplinato dalla circolare Enpals n. 17 del 2004), figura che (seppure poco diffusa) auto-assolve gli adempimenti contributivi (pur essendo discutibile se abbia un diritto di rivalsa per la quota del 23,81% verso il committente/datore, aspetto mai chiarito da alcuno – l’INPS nel messaggio in parola menziona solo la rivalsa a favore del datore/committente, lasciando i soliti dubbi);
b) come sempre, la mancata definizione normativa di cosa sia considerabile “notorietà” circa i diritti d’immagine comporta una discutibile discrezionalità del Ministero e dell’INPS nel decidere chi vi rientri e chi no, specie in sede contenziosa (e pensare che la norma era stata introdotta proprio per smaltire i contenziosi in merito!);
c) precisiamo che se ad es. applicassimo il citato split dei compensi lavorativi misti a quelli per diritti d’autore (e/o d’immagine e/o connessi) assecondando la normativa del 2002, se ne dovrebbe sottoporre il 60% a contribuzione exEnpals e il 40% a contribuzione Gestione separata INPS; orbene, rileggendo l’art. 43 comma 3 della legge, ovvero che «i compensi corrisposti ai lavoratori appartenenti alle categorie [dello spettacolo gestite dall’exEnpals] a titolo di cessione dello sfruttamento economico del diritto d’autore, d’immagine e di replica, non possono eccedere il 40 per cento dell’importo complessivo percepito per prestazioni riconducibili alla medesima attività. Tale quota rimane esclusa dalla base contributiva e pensionabile» pare evidente che l’esclusione sia valida per qualsivoglia contribuzione, non solo ai fini exEnpals; se ne desume quindi che tale 40% -riconosciuto come compenso per diritto d’autore (e assimilati) – non sia soggetto ad alcuna contribuzione previdenziale;
d) perché allora l’INPS nel caso 3) sancisce che il compenso da cessione del diritto d’autore – non rientrante nella contribuzione exEnpals o altra Cassa – sia tuttavia sottoposto alla Gestione separata INPS in quanto reddito di lavoro autonomo?
e) la stessa INPS precisava fino a ieri (vedi il messaggio INPS del 22 giugno 2012, n. 10550 sulla Gestione separata, pur dalla incerta espressione grammaticale e sintattica) che «non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 2, comma 26, della legge 335/1995 [cioè non sono soggetti alla Gestione separata] i redditi di cui all’art. 53, comma 2, lettera b) del TUIR, [cioè i redditi percepiti dall’autore dallo sfruttamento economico di opere dell’ingegno, se non conseguiti come impresa commerciale] perché non espressamente previste dalla norma né dalle successive integrazioni e modificazioni»; quindi riconoscendo che nessuna normativa include la cessione dei diritti d’autore nella discipline della Gestione separata, né di altre;
f) seguendo invece l’INPS nella logica del suo ultimo messaggio, oggi tutte le attività lavorative di lavoro autonomo non soggette a specifica cassa di previdenza, rientrerebbero nella Gestione separata INPS; ne sarebbero escluse solamente le attività autonome occasionali (cioè generanti un reddito inferiore ai 5.000 euro annui ex art. 61 comma 2 D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, oltre al limite temporale di 30 gg. per singolo committente) puntualizziamo, circa la cessione (e anche la concessione per un tempo limitato, cioè la licenza, fattispecie forse implicitamente sottintesa da parte del Ministero e dell’INPS, riconducibile sempre allo sfruttamento economico dell’opera?) dei diritti d’autore, non vediamo come possa considerarsi un’attività di lavoro strictu sensu;
g) concettualmente, infatti, risulta lavoratore autonomo (v. art. 2222 c.c. sul contratto d’opera) chi «si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente»: se si tratta di incarico a comporre (cioè ci si obbliga a creare un’opera ad hoc, dietro commissione) abbiamo già visto ed è pacifico applicare la contribuzione exEnpals, ma se manca tale incarico – e quindi l’opera è preesistente al rapporto – come si può inquadrare la cessione dei diritti nel «compiere un’opera o un servizio»? pare una notevole forzatura; tra l’altro, la dottrina giuridica distingue proprio il contratto di lavoro autonomo (quale prestazione di fare, caratterizzata dall’attività) dal contratto di vendita (quale prestazione di dare, caratterizzata dalla cosa), vendita alla quale, appunto, si può assimilare la cessione di diritti d’autore (rientranti tra l’altro nel novero dei cosiddetti beni immateriali, equiparati civilisticamente ai beni mobili);
h) aderendo ipoteticamente al punto di vista dell’INPS, proviamo a immaginarne l’applicazione nel settore musicale: se ad es. un autore musicale stipulasse un contratto di edizione musicale, non assoggetterebbe i futuri proventi a contribuzione (perchè future percentuali, solo eventuali, quindi escluse dalla stessa INPS nel messaggio in discussione) tranne se venisse pagato con una somma a forfait alla stipula del contratto (come capita, di solito, nei contratti di edizione in esclusiva), allora tale somma sarebbe soggetta a contribuzione previdenziale in Gestione separata INPS, con adempimenti a cura del compositore;
i) nel caso di musiche o testi composti su commissione e ceduti al committente (pensiamo ad es. per musiche da film o comunque abbinate ad altre opere come videogiochi, audiovisivi, ecc.), ci si ritroverebbe di fronte a una doppia contribuzione? Cioè si dovrebbe sottoporre a: I) exEnpals per l’attività lavorativa di composizione; II) Gestione separata INPS per la cessione dei diritti stessi? Pare di no, in quanto la parte di compenso per la cessione dei diritti sarebbe esentata dai contributi in forza del provvedimento del 2002, come riconosciuto dall’INPS nel messaggio. Quindi si dovrebbe versare solo la quota exEnpals, nei limiti del 60% del totale.
Quanto qui sopra esposto ha trovato evidentemente riscontro anche da parte dell’ente perché è stato emanato un secondo messaggio (n. 19435 del 28 novembre 2013) con il quale l’ente ha ritrattato quanto avanzato in materia di assoggettamento previdenziale dei diritti d’autore, ritornando di fatto a quanto era considerato pacifico da anni precedenti.
La materia, certamente complessa e doverosa di snellimenti, ammodernamenti e chiarimenti, a fronte di tanti e tali dubbi necessita di una risposta anzitutto legislativa. Dovrebbe essere il Parlamento, anzitutto, a farsi carico di disegnare una riforma complessiva, al passo con i tempi. E solo dopo i vari enti coinvolti potrebbero, com’è loro compito, intervenire sui dettagli applicativi: quanto sopra illustrato non è affatto un dettaglio, bensì un pesante interrogativo che può minare l’attività di tantissimi autori, lasciandoli nell’incertezza tra il commettere illeciti e il versare somme non dovute, poi difficilmente recuperabili.