Può capitare che un lavoratore dello spettacolo debba tenere una o più prestazioni fuori dal nostro Paese, per un periodo determinato: a livello professionistico è una possibilità concreta, tutt’altro che rara. I dubbi sorgono, in tal caso, sul versante previdenziale: che succede alle prestazioni di lavoro tenute all’estero? Bisogna seguire l’ordinaria procedura di richiesta di certificato di agibilità presso l’Enpals oppure ci si dovrà attenere ad un diverso iter? Sarà possibile conteggiare le prestazioni tenute all’estero ai fini della previdenza italiana o saranno soggette a quanto previsto nel diverso Paese, o a entrambi i trattamenti? Va precisato fin da subito che sarà sufficiente rispettare una procedura di legge per potersi ottenere il riconoscimento della previdenza italiana, mentre oltre certi limiti, come vedremo, il lavoratore si troverà soggetto alla normativa del Paese ospitante e pertanto dovrà regolarizzare la propria posizione previdenziale presso la relativa cassa di assicurazione estera (perdendo, dunque, la contribuzione italiana).
Nel caso che qui ci occupa trovano applicazione le normative sul cd. distacco del lavoratore. A stretto rigore, il distacco riguarda la situazione in cui un lavoratore subordinato viene destinato dal datore di lavoro temporaneamente all’estero per eseguire dei servizi nel Paese ospitante.
La disciplina applicabile al lavoratore subordinato è estesa però anche al caso del lavoratore autonomo, con alcune differenze, sotto il profilo previdenziale. Difatti il lavoratore autonomo deve soddisfare certi requisiti, a titolo indicativo come: l’aver svolto “attività significative” in Italia nel periodo precedente; sia in grado di comprovare l’effettività dell’attività da svolgere all’estero (anche mediante la presentazione di copia dei contratti di lavoro); durante l’attività all’estero continui a rispettare le condizioni per la ripresa, al ritorno, del lavoro in Italia (es. quando vi sia il mantenimento della partita IVA, del versamento di imposte, ecc.). La soddisfazione di requisiti come questi, nell’ottica del legislatore, attesta il permanere in Italia delle condizioni che permettono il mantenimento delle condizioni assicurative originarie. Va precisato che tali requisiti sono solo indicativi, quindi di volta in volta sarà l’INPS a richiedere quanto ritiene necessario per determinare la posizione del lavoratore. Le normative applicabili alla situazione in parola le ritroviamo nella direttiva 96/71/CE (protezione del lavoratore in uno Stato comunitario) e soprattutto nel regolamento CEE n. 1408/71, il quale è direttamente applicabile e provvede ai profili previdenziali. Lo scopo della normativa è di assoggettare il lavoratore alla tutela assicurativa garantitagli dal Paese di appartenenza, nonostante la prestazione di lavoro sia svolta in uno Stato comunitario o comunque in uno Stato che abbia ratificato l’accordo sullo Spazio Economico Europeo, come Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera.
Destinare un lavoratore all’estero per una prestazione non determina, di norma, alcun mutamento del suo trattamento. In particolare, deve essere assoggettato ad un unico trattamento previdenziale: ciò è riconosciuto espressamente per i Paesi della Comunità Europea, nel Reg.CEE 1408/71, ove si statuisce che al lavoratore va applicato il trattamento del Paese di destinazione, salvo eccezioni. Tra queste eccezioni figura il caso che qui principalmente ci interessa, ovvero quello di distacco all’estero inferiore ai 12 mesi di tempo. Lo scopo della normativa è di garantire la parità di trattamento tra Stati contraenti, il mantenimento dei diritti acquisiti e l’unicità della legislazione applicabile. Gli accordi internazionale in materia sono fondamentali perché in loro mancanza vige il principio della territorialità dell’obbligo assicurativo, per cui andrebbe applicata la legge del Paese in cui si presta il lavoro, a prescindere dalla residenza del lavoratore.
Il documento necessario per avviare la disciplina del distacco è il cd. E101 (detto oggi “A1”), un certificato che identifica la legislazione applicabile al caso concreto del lavoratore, in cui l’ente certificatore (in Italia è competente l’INPS) attesta che il lavoratore è assoggettato alla legislazione indicata nello stesso, ovvero di solito a quella del Paese di residenza, cosicchè non vengano applicate le normative del Paese estero di occupazione provvisoria.
Il certificato non può avere una durata superiore ai 12 mesi e va richiesto con congruo anticipo all’ente. Al termine dei 12 mesi è possibile il rinnovo per altri 12 mesi, ma va autorizzato dell’INPS oltre che dal Paese ospitante (per l’Unione Europea, tramite il modello E102). Sia il lavoratore, sia l’impresa distaccante (per conto della quale svolge dunque la sua attività il lavoratore) debbono poter esibire, in qualsiasi momento, il certificato E101 e la modulistica analoga o annessa: oltre ai periodi di distacco, anche in periodi successivi a quello di distacco.
Qualora il distacco non superi i tre mesi, è possibile seguire una procedura semplificata, ove l’INPS rilascerà al lavoratore/datore uno stock di modelli E101 precompilati, numerati progressivamente. A ogni utilizzo di un modello E101, l’utilizzatore (che avrà completato i campi rimasti in bianco) dovrà inviarne una copia all’INPS per i controlli di rito e relativa archiviazione.
Citiamo incidentalmente che il lavoratore all’estero dovrà richiedere, qualora voglia il riconoscimento dell’assicurazione e assistenza in materia di malattia e maternità per il periodo trascorso all’estero, anche il certificato E106 (qualora si sia trasferita anche la residenza o la dimora abituale nel Paese di occupazione, quindi non di semplice distacco parliamo ma di vero e proprio trasferimento) o la tessera sanitaria europea o il certificato E111 (qualora si sia mantenuta la residenza nello Stato di origine). Tali documenti certificano l’iscrizione al servizio sanitario nazionale. Il rilascio sarà da richiedere all’INPS. Si consideri poi che durante il periodo di distacco il lavoratore rimane iscritto al servizio sanitario nazionale italiano, per cui avrà diritto al servizio sanitario del Paese ospitante che si farà rimborsare da quello italiano. È dunque buona prassi portare con sé la propria tessera sanitaria all’estero, al fine di agevole le procedure di riconoscimento del trattamento sanitario.
Torniamo all’ipotesi del distacco temporaneo. Innanzitutto, chi deve attivarsi per richiedere l’E101? Il lavoratore autonomo o (in caso di rapporto di subordinazione) il datore di lavoro del lavoratore subordinato o parasubordinato sono i soggetti che devono intraprendere la procedura, effettuando la richiesta agli sportelli INPS. Una volta forniti tutti i dati richiesti dall’ente, questi rilascerà il relativo E101. L’INPS richiede, tra l’altro, un certificato rilasciato dall’Enpals ove risulta che il lavoratore distaccato è realmente iscritto al fondo Enpals e continuerà a esservi iscritto per tutto il periodo di distacco. Tale documento va necessariamente richiesto a sportello Enpals, non essendo ancora previsto nelle procedure online. L’INPS trasmetterà copia della domanda agli istituti competenti del Paese di destinazione, cui seguirà una risposta dell’istituto estero interpellato che verrà trasmessa in copia anche all’INAIL e al Ministero della Salute.
L’E101, una volta ottenuto, certifica l’assoggettamento del lavoratore al trattamento previdenziale ivi indicato e va dunque portato con sé dal lavoratore ovunque vada, per certificare che è tutto in regola nel Paese di provenienza, per cui non bisogna versare contributi alla Cassa del Paese ospitante.
Che cosa accadrà qualora il lavoratore debba proseguire il proprio rapporto di lavoro nel Paese di destinazione oltre i limiti massimi di tempo consentiti dalla legge? Semplice, dovrà iscriversi all’assicurazione previdenziale del Paese ospitante, per seguirne in toto le regole, come gli altri cittadini residenti del Paese in questione. Di fatto, il superamento dei limiti temporali fa presumere non un distacco bensì un vero e proprio trasferimento, per quanto possa essere temporaneo.
Durante il periodo di distacco, il datore di lavoro italiano dovrà effettuare i versamenti Enpals dovuti come se il lavoratore stesse lavorando in Italia. Tuttavia – caso eccezionale – dovrà versare solamente i contributi relativi a mezzo della denuncia mensile, senza alcun obbligo di richiedere il certificato di agibilità. Qualora il lavoratore sia autonomo, potrà regolarizzare i versamenti dovuti al suo rientro in Italia.
Che fare quando si voglia compiere il distacco di lavoratori italiani in un Paese extracomunitario e non convenzionato, oppure quando il Paese abbia stipulato una convenzione solo parziale (per determinati aspetti assicurativi, ad es.) con l’Italia? Non servirà l’E101, bensì si dovrà provvedere secondo la procedura prevista nel Paese di destinazione. Per esempio: chi si deve recare negli Stati Uniti dovrà seguire la procedura prevista dalla Social Security, cioè dal servizio previdenziale e assicurativo americano. Il rischio, da accertare caso per caso, è che si sia soggetti a una doppia contribuzione previdenziale, sia nel Paese di origine che in quello ospitante. Questo perché lo prevede la legge italiana del 3 ottobre 1987, n. 398, per cui è dettato comunque, nel caso citato, l’obbligo contributivo presso gli enti italiani da parte di datori di lavoro che inviino lavoratori in Paesi non convenzionati. Ne consegue l’apertura di una posizione assicurativa separata, speciale, all’INPS e all’INAIL, per cui viene calcolata la contribuzione – in misura ridotta rispetto a quella ordinaria – sulla base di retribuzioni convenzionali fissate dal Ministero del Lavoro (è recente il recepimento delle ultime da parte del messaggio Enpals n. 4 del 31 agosto 2009). La contribuzione dovuta ai sensi di questa procedura copre l’assicurazione per: invalidità, vecchiaia e superstiti; disoccupazione; infortuni sul lavoro; malattia; maternità. Non dovrà mancare il versamento del contributo dovuto per il Trattamento di Fine rapporto nonché di quello per l’indennità di mobilità.