Già in due precedenti articoli abbiamo voluto dedicare ampio spazio alla circolare Enpals n. 5 del 2008, in tema di retribuzioni convenzionali dovute dall’Enpals ai lavoratori appartenenti alla categoria dei cantanti in sala d’incisione: nel primo articolo abbiamo avuto modo di esporne il contenuto, mentre nel secondo abbiamo proposto alcune riflessioni sui risvolti applicativi della medesima, stante il carattere ambiguo o poco chiaro di alcuni punti della circolare.
Abbiamo avuto anche modo di specificare che la circolare fornisce, con specifico riferimento ai cantanti che svolgono prestazioni in sala d’incisione, le istruzioni operative per la gestione delle denunce contributive e degli altri adempimenti informativi attraverso l’utilizzo delle procedure telematiche accessibili dal portale dell’Ente, introducendo di fatto importanti precisazioni al Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 29 dicembre 2003, che quindi e’ la fonte normativa di riferimento: ad esso sono stati indirizzate gran parte delle nostre osservazioni, ovvero quelle di carattere sistemico o di politica normativa, mentre altre questioni sono state sollevate in merito alla circolare Enpals stessa, il cui obiettivo era attuarne il contenuto nel modo piu’ chiaro possibile.
Posto dunque che le eventuali modifiche del dettato normativo dovranno, nel caso, avvenire a livello legislativo, desideriamo con questo articolo fornire un punto di vista su un aspetto assolutamente cruciale della questione, cercando in tal modo di aiutare chi in questo momento cerca chiarezza o meglio ancora, cerca argomenti per ottenerne.
Alcuni dei dubbi e delle incertezze da noi sollevati oramai due mesi orsono, hanno finito infatti per concretizzarsi a pochi giorni dalla scadenza del pagamento dei contributi previdenziali dovuti ai cantanti che hanno prestato il proprio lavoro in sala d’incisione negli anni 2004/2007 (prevista per il 16 maggio p.v.), sollevando non poca confusione tra i produttori fonografici, in particolare tra gli indipendenti, che si chiedono se e come pagare. Vi sono ad oggi quindi non solo alcune difficoltà tecniche evidenziate nell’inserimento dei dati necessari sul sito dell’Enpals, ma anche e soprattutto alcune forti incertezze rispetto agli adempimenti da compiere.
Per quanto ci riguarda il “nodo gordiano” ruota attorno al concetto di gratuità della prestazione resa dai cantanti in sala di incisione. Cerchiamo come sempre di essere chiari e sintetici.
Chi si esibisce in sala di registrazione come cantante per realizzare un prodotto fonografico lo fa come turnista/corista (artista comprimario) o come artista che e’ oggetto della produzione stessa (artista primario).
Nel primo caso, normalmente l’attività (il c.d. “turno” in studio) viene retribuita dal produttore fonografico. Il compenso riconosciuto dal produttore fonografico, va quindi a retribuire l’artista per le ore spese in studio ovvero per la propria prestazione. Per consentire lo sfruttamento commerciale della propria esecuzione vocale di artista “comprimario”, e’ tuttavia necessario che l’artista interprete ed esecutore ceda nel modo piu’ ampio possibile ogni diritto di utilizzazione economica sulla medesima. Orbene, come e’ noto, tale cessione dovrebbe avvenire in forma scritta, necessaria ad probationem, anche se e’ molto comune che essa non avvenga attraverso una liberatoria o un contratto, ma semplicemente sia implicita nella prestazione. Tale prassi lascia quindi intendere che l’artista comprimario rinunci normalmente a percepire un compenso a fronte di tale cessione oppure che il compenso sia già stato calcolato assieme a quello della prestazione. Poco importa in questo caso: in entrambe le situazioni il cantante che si sia esibito a pagamento sarà soggetto alla previdenza per l’attività svolta.
Diverso e’ il caso degli artisti “primari”, cantanti solisti o membri di un gruppo musicale che sono il vero oggetto della produzione fonografica. Normalmente tali musicisti non ricevono alcun compenso diretto per il turno in studio, per il quale si prestano gratuitamente, in quanto la loro fonte di guadagno per tale registrazione deriva dalla royalty, indicate nel contratto discografico, derivanti dalla vendita del fonogramma o da altre utilizzazioni dello stesso. Il compenso che essi ricevono, differito nel tempo, e’ riconosciuto e configurato contrattualmente come controprestazione del produttore fonografico a fronte delle ampie obbligazioni assunte dall’artista nel contratto: tra queste troviamo non solo l’obbligo ad eseguire in studio le composizioni musicali concordate, ma anche e soprattutto la cessione da parte del cantante dei propri diritti patrimoniali di artista interprete esecutore, oltre ad una serie di patti ulteriori (non concorrenza, esclusiva, uso della propria immagine a scopo promozionale, partecipazione ed eventi promozionali, ecc.).
Per assurdo ben puo’ essere quindi, che l’artista si esibisca gratuitamente in studio, e che riceva le royalty a compenso delle altre obbligazioni assunte col contratto.
Il Decreto in considerazione, tra l’altro, prende atto del fatto che e’ consolidata l’assenza di contrattazione collettiva e spesso anche individuale per la categoria dei cantanti, “privilegiandosi in alternativa, nell’ambito di rapporti comunque a titolo oneroso, forme di compensi di carattere variabile a realizzazione procrastinata e comunque non collegati direttamente alle attività prestate ai fini delle incisioni”. Esso, quindi, pur non facendo distinzione tra la differenza di trattamento in uso nel settore tra artisti primari e artisti comprimari, non solo dimostra la conoscenza del meccanismo delle royalty per gli artisti primari, ma ne conferma la natura di compenso non riconducibile alla prestazione svolta, laddove specifica “comunque non collegati direttamente alle attività prestate ai fini delle incisioni”.
Dunque ecco evidenziato un interessante argomento.
Se la prestazione ha avuto luogo gratuitamente, in quanto, come abbiamo detto ed il Ministero riconosce, la royalty puo’ essere un compenso derivante dalla cessione dei diritti patrimoniali dell’artista interprete e non corrispondere al pagamento della prestazione resa in studio, e si dà prova che essa e’ effettivamente gratuita, scavalcando la presunzione di onerosità della prestazione, allora la previdenza per i cantanti che si siano esibiti gratuitamente in sala di incisione non ci sembra debba essere dovuta.
L’assunto prende maggiore corpo se pensiamo agli artisti comprimari che si esibiscano gratuitamente, magari per il solo piacere di partecipare al disco di un musicista o per un ritorno di immagine personale o per scopi di assoluta liberalità non lucrativa (affectionis vel benevolentiae causa), o a chi si trovi ad essere contemporaneamente artista interprete e produttore fonografico (c.d. autoproduzione) e chiaramente non retribuisca il proprio lavoro artistico.
È chiaro che il confine tra gratuità ed onerosità appare sottile, in particolare all’interno di una attività che e’ normalmente finalizzata dal lucro, difficile da definire e ancora piu’ da provare, tuttavia l’obiezione sollevata non ci sembra affatto trascurabile.
Quanto alla eventuale documentazione da fornire, in mancanza di ulteriori indicazioni da parte dell’Enpals e del Ministero, parrebbe piu’ appropriato applicarsi la normale procedura già adottata in casi simili per le prestazioni dal vivo, con un’autocertificazione del lavoratore che affermi la gratuità del lavoro svolto. Tale documento dovrebbe essere conservato dal produttore fonografico come prova in caso di un eventuale accertamento.
Si noti che nonostante l’assunto logico sembri coerente, il Ministero ha deciso comunque di utilizzare la predeterminazione di compensi convenzionali per “garantire certezza circa la base su cui applicare i contributi” previdenziali, cosa che non appare in linea con il sistema previdenziale vigente, ma soprattutto affatto volta a ottenere la “conseguente prevenzione del contenzioso” auspicata nel testo normativo. Vedremo.