Come abbiamo visto più volte, in Italia non sempre è facile conciliare tipologie contrattuali di lavoro, adempimenti fiscali e oneri previdenziali. A causa di una normativa complessa, a volte oscura, di procedure articolate e sviluppate in più enti e comunque di un certo aggravio se andiamo semplicemente a far di conto sul netto rimanente al lavoratore, dopo l’applicazione delle varie voci di ritenuta e contribuzione. Incoraggiando così strumenti di lavoro alternativi, come le cooperative di spettacolo, che sgravino datore e lavoratore di molti fardelli consegnando il risultato finale in termini accettabili per le parti ma senza le relative complessità, lavorando nella piena legalità.
Un ulteriore strumento di regolarizzazione dei rapporti di lavoro è certo quello del lavoro accessorio, il quale sfrutta i cd. voucher, ovvero buoni-lavoro che vengono corrisposti dal committente al lavoratore quale retribuzione, per poi essere incassati dallo stesso presso autorizzati, mettendosi in tasca un netto perfettamente in regola quanto a contributi. Per questo motivo è uno strumento davvero semplice che permette di lavorare nella legalità. Allora perché non adottarlo nello spettacolo, viste le molteplici occasioni in cui le semplificazioni potrebbero far emergere molto lavoro illecito, facendo versare in regola contributi e imposte? La risposta sta dapprima nei limiti di legge per l’applicazione, in seconda battuta fino a poco tempo fa si pensava che non si potesse applicare al settore spettacolistico. Eppure l’INPS con Parere n. 23 del 31 gennaio 2014 ha chiarito che il sistema dei vocher può applicarsi allo spettacolo: siamo lieti di questa possibilità ammessa dall’INPS, se utile a regolarizzare il lavoro altrimenti in nero, tuttavia non mancano le perplessità. Vediamo di ricostruire l’istituto, le perplessità e di capire cosa includa qualcosa di così semplice.
Anzitutto ricordiamo che l’idea del buono-lavoro è stata introdotta in Italia (dopo diverse esperienze pregresse in altri Paesi) con il D.Lgs. 276/2003 agli artt. 70-73. Successivamente vi è stata una decisiva riforma mediante l. 92/2012 ove si è provveduto a estenderne l’applicabilità oltre i limiti soggettivi e oggettivi precedenti. Oggi i presupposti sono solo economici, ovvero:
a) si può adottare il voucher per qualsivoglia attività lavorativa in ogni settore produttivo, purchè discontinua e saltuaria;
b) il lavoratore può essere disoccupato, inoccupato, lavoratore autonomo o subordinato, full-time o part-time, pensionato, studente, percettore di prestazioni a sostegno del reddito (es. ASPI, mobilità ecc.): non vi sono limiti, infatti, a cumulare il reddito da lavoro accessorio a quello di altre attività (tranne nel settore agricolo);
c) primo limite: non si possono superare (per il 2014, essendo oggetto di rivalutazione ISTAT annuale) € 5.050 netti di compensi annuali accessori per la totalità degli (eventuali) più committenti (analogamente a quanto accade per il lavoro occasionale che trova un limite annuo di € 5.000 di imponibile complessivo);
d) secondo limite: per ogni committente che sia libero professionista o impresa commerciale, non si possono superare € 2.020 netti di compensi, annualmente parlando.
Viste le premesse, diciamo dell’applicazione:
a) i buoni hanno un valore cadauno di € 10, € 20 oppure € 50 lordi di imponibile a compenso, a cui vengono detratti contributi previdenziali versati a INPS Gestione Separata (con aliquota particolare: 13%, la più bassa in vigore), l’assicurazione antinfortunistica INAIL (7%) e un aggio per l’INPS (5%); al lavoratore arrivano dunque netti € 7,50 su € 10 di imponibile, inoltre è assicurato contro gli infortuni; ad es. se debbo retribuire € 100 al lavoratore, potrò utilizzare due voucher da € 50, considerando che al netto al lavoratore arriveranno € 75;
b) è sufficiente che il datore di lavoro (o sarebbe meglio chiamarlo committente) segnali all’INPS l’inizio attività con instaurazione del rapporto di lavoro accessorio, mediante acquisto dei voucher con svariate modalità (procedura telematica – che richiede l’iscrizione online del datore e del lavoratore – oppure in cartaceo presso sedi INPS, tabaccai abilitati, Uffici postali e Banche popolari aderenti al servizio); nella richiesta si dovrà indicare, oltre ai dati anagrafici e fiscali, anche il luogo della prestazione di lavoro nonchè l’intero lasso di tempo, cioè le date presunte di inizio e fine lavoro;
c) si consideri che il committente deve essere l’utilizzatore diretto della prestazioni di lavoro e non può appaltare o somministrare il lavoratore a terzi; ad es. in caso di docenze, il committente non potrà che essere l’allievo e non la scuola che farebbe da intermediaria; si potrebbe invece adottare per la musica dal vivo, committente sarebbe l’organizzatore/titolare del locale;
d) non è necessario un contratto scritto, né una busta paga, né la comunicazione al Centro dell’Impiego di instaurazione del rapporto, né la registrazione del lavoratore nel Libro Unico del Lavoro;
e) al termine del rapporto, il datore rilascerà al lavoratore i voucher nel quantitativo necessario a coprire il compenso concordato; si consideri che i voucher sono validi se utilizzati entro 30 giorni dal loro rilascio, dopodiché il lavoro svolto e retribuito con buoni scaduti viene considerato come illecito;
f) infine il lavoratore dovrà recarsi (entro 12 mesi dal giorno di emissione, mentre se sono emessi da INPS o dalle Poste arrivano a 24 mesi) presso una sede dell’INPS o una tabaccheria o un ufficio postale ove consegnare il voucher, accompagnato da documento di identità, e ricevere così il proprio compenso netto;
g) manca l’applicazione delle imposte, cioè il reddito da lavoro accessorio non è soggetto ad alcuna tassazione; pertanto a fine anno il lavoratore non dovrà mettere in dichiarazione dei redditi quanto incassato in voucher;
h) attenzione al fatto che il voucher non è integrabile con eventuali rimborsi spese forfettari (v. nota INAIL 6464/2010), vanno quindi o documentati e rimborsati a parte oppure considerati integralmente quale compenso.
Come si evince, la procedura è semplice e pratica, al fine di favorire il più possibile l’uso di uno strumento pensato per regolarizzare situazioni altrimenti ardue da svolgere secondo legge.
Orbene, perché allora si poteva ritenere inapplicabile questo sistema al mondo artistico? Per un motivo sistematico: come visto, la previdenza versata in voucher attiene all’INPS Gestione Separata, mentre sappiamo che le prestazioni di spettacolo sono soggette a contributi e adempimenti INPS Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo (exEnpals), ben diversi da quelli della Gestione Separata (basti menzionare l’obbligo di agibilità preventiva ex art. 10 D.L.C.P.S. 708/1947). Quindi logica vorrebbe l’inapplicabilità alle attività artistiche.
Invece l’INPS, nel Parere citato, afferma che:
1) si può utilizzare il voucher per rapporti di lavoro nello spettacolo, fermo il rispetto dei limiti di legge visti sopra;
2) ciò comporta l’esclusione dell’obbligo di agibilità preventiva, oltre che il versamento di contributi per attività di spettacolo a una Cassa difforme da quella che “naturalmente” spetterebbe.
Non rinveniamo altre argomentazioni o ragionamenti nel Parere, a sostegno. Il che pare a dir poco criticabile: si arriva a deviare, in base a un mero Parere amministrativo, da norme imperative di legge che nessuna deroga ammettono espressamente in merito al lavoro accessorio. E senza l’apporto di un ragionamento logico-giuridico di qualche tipo. Il tutto viene affermato apoditticamente, come fosse un dato di fatto, derivante dalla sua applicabilità ex lege a ogni settore produttivo. Quanto si può intuire dal testo è che si considera evidentemente prevalente la disciplina speciale del lavoro accessorio su ogni altra generale.
È vero anche che la fattispecie del lavoro accessorio è particolare, essendo considerata giuridicamente né lavoro subordinato né autonomo bensì meramente occasionale, tuttavia da qui ad arrivare all’applicazione di una difforme disciplina previdenziale fa specie (difatti per il lavoro occasionale nello spettacolo, diversamente, vigono sempre i criteri di contribuzione – e pure di esenzione – del Fondo Spettacolo). Pensando poi anche all’effetto di distribuire, per gli artisti dello spettacolo, i contributi in più Casse di previdenza (Gestione Separata per le prestazioni accessorie e Fondo Spettacolo per le altre) si consideri che tali contributi non potranno essere cumulati, al momento della pensione (almeno era così in forza della Convenzione INPS-Enpals del 1973: dopo l’abrogazione formale dell’Enpals e inclusione nella gestione INPS è da ritenersi applicabile?). Insomma, da un lato l’uso dei voucher aiuta a far emergere attività spesso irregolari, dall’altro priva il lavoratore del trattamento previdenziale che sarebbe più consono.
Ora si parla di riforme del mercato del lavoro tali da eliminare molte delle tante tipologie contrattuali di lavoro. Vedremo se toccherà anche al lavoro accessorio, auspichiamo che prima intervengano chiarimenti maggiori dagli enti di competenza, oltre che – come sempre – riforme di legge lungamente attese che, se ben fatte, potrebbero rivedere meccanismi come questi in maniera organica.