Per chi scrive canzoni o brani strumentali è l’incubo ricorrente; per chi invece ascolta canzoni è ovunque come il prezzemolo: è il plagio, ovvero l’attribuirsi falsamente la paternità di un’opera altrui o di parte di essa. Spesso è accompagnato anche dall’uso non autorizzato dell’opera originale (c.d. contraffazione), che però è questione diversa. La casistica può essere infatti varia: si può usare un’opera altrui (o parte di essa) “tale quale” senza autorizzazione, ma indicando palesemente l’autore originale; si può utilizzare o camuffare un’opera altrui (o parte di essa) inserendola nella propria senza citare l’autore originale (che è il caso più frequente); ci si può attribuire l’intera paternità di un’opera altrui, senza utilizzarla affatto. Nella dottrina giuridica il tema è inquadrato in modo articolato, e risulterebbe incomprensibile per molti lettori. Pertanto cerchiamo di presentarlo in un modo semplice e schematico, come sempre.
1) Innanzitutto è bene ricordare che il diritto d’autore non tutela “idee”, bensì “forme espressive”, ovvero il modo in cui le opere dell’ingegno (quale è l’opera musicale, con o senza testo) vengono espresse. Ad esempio l’idea di scrivere una canzone che parla del proprio stato d’animo in prossimità dell’ultimo giorno dell’anno è una semplice idea e pertanto non è oggetto di tutela: ciascuno può svilupparla diversamente, come si faceva a scuola con il titolo del tema dato dall’insegnante. L’insieme delle note o delle parole (se la composizione ha testo) utilizzate costituiscono, in campo musicale, la forma espressiva in questione (Lucio Dalla su tale idea compose «L’anno che verrà»).
2) In secondo luogo è giusto sottolineare che in campo musicale, in particolare nella musica leggera, la melodia risulta essere l’elemento che distingue un’opera dall’altra, giacché sullo stesso ritmo o sullo stesso giro armonico possiamo creare infinite melodie (anche se in alcune cause di plagio vengono chiaramente utilizzati anche questi per riconoscere il plagio).
3) Il punto centrale è che il diritto d’autore tutela le opere in quanto originali, nuove, cioè che non siano una copia di un’opera già esistente. Quale melodia oggi si può dire nuova? Se le note o le parole sono il mattoncino base su cui costruiamo la nostra opera, quante note ci vorranno per ritenere tale sequenza originale, mai scritta in precedenza? Difficile dirlo. Non esiste un numero minimo di note o parole predefinito (famosa in merito la falsa leggenda metropolitana tale per cui si può rinvenire plagio solo se vi sono almeno otto battute copiate), perché l’analisi va fatta caso per caso. Alcune sentenze italiane che hanno fatto storia nel nostro Paese? De Gregori perse una causa perché fece uso del titolo e dei versi iniziali costituenti la parte saliente di una canzone nota al pubblico (nella specie, usò «Prendi questa mano zingara» che è anche il primo verso della «Zingara» di E. Riccardi e L.Albertelli, portata al successo da Iva Zanicchi) che fu considerata di per sé frase originale; Zucchero fu assolto perché aveva usato nel testo di una canzone l’espressione «sere d’estate dimenticate», tema poetico riferibile ad un comune patrimonio universale e pertanto affatto originale; Michael Jackson fu poi assolto in secondo grado, nonostante la sua «Will You be there» fosse assolutamente identica nel tema principale ai «Cigni di Balaka» di Albano Carrisi e Willy Molco, perché a detta del giudice la parte di melodia comune ai due brani era così semplice e simile a numerosi precedenti, che era carente del requisito dell’originalità.
Appare chiaro che, da un punto di vista legale sia assai difficile vincere una causa di plagio- contraffazione. Minore è il numero di note che prendiamo in considerazione come “identiche” e più ne sarà stato frequente l’utilizzo nella storia della musica passata, o per caso fortuito, o perché attingiamo tutti da una base di studi e ascolti comuni, o perché oramai sequenza stilistica di uso comune.
Nel mondo, il diritto d’autore è nelle sue basi fondanti abbastanza uniforme, giacché quasi tutti i Paesi del mondo hanno sottoscritto la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (1886) e il World Copyright Treaty (1996). La differenza sostanziale sta nelle specifiche norme nazionali di diritto sostanziale o procedurale e nella giurisprudenza (vincolante o meno) sviluppatasi nel tempo: quella potrebbe fare la differenza.
Questo articolo compare anche in Chitarre di luglio/agosto 2014