Riprendendo le «puntate precedenti», eravamo rimasti al messaggio Enpals n. 6 del 14 ottobre 2008 quanto ai contributi previdenziali Enpals dovuti in merito alle prestazioni in sala d’incisione dei cantanti. In questi anni diverse sono state le parti sociali che hanno bussato alla porta della politica, cercando di ottenere un’abrogazione o quantomeno una modifica delle norme che hanno imposto, senza alcun dubbio come invece avveniva in passato, la contribuzione Enpals riguardo all’operato degli artisti esecutori in sede di registrazione. In questi giorni, di conseguenza, è stato emanato un decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per la precisione da parte del Ministro Sacconi, nuovamente intervenendo in materia a livello normativo, riproponendo ampiamente quanto già in vigore ma introducendo alcune variazioni dai risvolti applicativi non indifferenti. Giova senz’altro, a questo punto, esporre in una breve «cronistoria» l’iter di leggi e atti amministrativi succedutisi in materia. Per gli eventuali approfondimenti rimandiamo i lettori ai nostri precedenti e numerosi articoli in materia, ove ci siamo dilungati nell’analisi delle norme in parola, lungo tutti i profili applicativi e opinabili che ne scaturivano.
Punto di partenza: la giurisprudenza in materia era incostante e mutevole, siccome di volta in volta riconosceva o meno al musicista di studio la contribuzione per la giornata lavorativa Enpals, in virtù di un’interpretazione lata o restrittiva del concetto di «spettacolo». In merito, non aiutava il silenzio della normativa istitutiva dell’Enpals del 1947 e di quella successiva.
Nel 2003, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 29 dicembre, si statuisce che le prestazioni in sala d’incisione dei soli cantanti sono sì soggette a contribuzione Enpals ma secondo un diverso criterio di calcolo convenzionale a tabella (consentito dal D.P.R. 31 dicembre 1970, n. 1420). A ciò seguirà la prima circolare di recepimento Enpals (la n. 5) solo nel 19 febbraio 2008, oltre a diverse altre nello stesso anno che, perlopiù, prorogano i termini per la messa in regola dei contribuenti. Da ultimo interviene il messaggio Enpals n. 6 del 2008, a miglior specificazione di numerosi dubbi interpretativi del decreto.
Siamo arrivati così al 2010 e nella Gazzetta Ufficiale n. 133 del 10 giugno viene pubblicato il decreto del Ministro Sacconi del 29 aprile, intitolato «Determinazione delle retribuzioni convenzionali dei cantanti e degli orchestrali, che svolgono attività di interprete principale in sala di incisione, da prendere a base per il calcolo dei contributi dovuti all’Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS)». Le premesse del decreto del 2010 riprendono quasi per intero quanto compariva nel precedente decreto 2003, in particolare precisando che «per i cantanti che svolgono in sala di incisione attività di interprete principale nell’ambito della realizzazione di brani musicali finalizzati ad essere riprodotti su supporti fonografici, perdura l’assenza di una contrattazione collettiva per l’individuazione dei compensi minimi spettanti e della base contributiva imponibile», aggiungendo poi che – prima novità – «tale situazione riguarda anche gli orchestrali che svolgono la medesima attività». Il Ministero sottolinea, dunque, che causa prima dei provvedimenti amministrativi è la lacuna contrattuale collettiva, onde per cui si cerca di supplire in sede governativa.
Innanzi viene nuovamente riconosciuta la prassi di corrispondere i compensi fonografici dei musicisti in forma di royalty, ovvero di percentuale sul venduto dei fonogrammi, nonché «l’esigenza di assicurare, in media, un’incidenza omogenea degli oneri contributivi su tutte le fasce di retribuzione convenzionale di cui alla tabella annessa al presente decreto». Dopodichè il decreto introduce le prescrizioni.
All’art. 1 si stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2010 (ne desumiamo che il decreto è retroattivo) la base di calcolo dei predetti contributi previdenziali per prestazioni musicali in sala d’incisione di cantanti e orchestrali «che svolgono, in sala di incisione, attività di interprete principale», ovvero la retribuzione convenzionale per la registrazione di un singolo brano, viene stabilita in relazione al numero dei supporti fonografici venduti, nella misura risultante dalla tabella annessa al decreto.
Quanto alla ingiustificata retroattività, ciò significa – in linea teorica – che l’Enpals potrà contestare oggi la mancata applicazione passata di un decreto che non era nemmeno esistente! Giocoforza, anche per evitare giustificati ricorsi amministrativi di contestazione, sarebbe opportuno che chi di competenza prevedesse un periodo di moratoria per i ritardatari, per cui, nonostante i termini di adempimento siano già trascorsi, siano possibili versamenti per i periodi pregressi senza alcuna sanzione o interesse da parte dell’ente previdenziale.
Come già avvenuto nel decreto del 2003, la contribuzione in parola è spettanza esclusiva del datore di lavoro o committente del fonogramma (ovvero, di norma, del produttore fonografico, cioè di colui che ha organizzato e pagato la realizzazione delle registrazioni), tuttavia si segnala una novità: in caso di cessione della proprietà del fonogramma (cd. cessione di master) la contribuzione si trasferisce a carico «dell’impresa cessionaria, a decorrere dalla data della cessione», mentre nel decreto del 2003 l’obbligo permaneva in capo al produttore cedente originario. Circa il caso della cd. licenza di master, ovvero di concessione di alcuni diritti fonografici da parte del produttore a favore di licenziatari per un uso e un tempo limitato, il decreto nulla dice, per cui ne dobbiamo desumere che permane l’obbligo contributivo in capo al licenziante, come avveniva in precedenza.
Come già accaduto in precedenza, non si ravvisa alcun accenno alla figura del lavoratore autonomo esercente attività musicale (il quale può regolarizzare e versare da sé ogni contribuzione previdenziale). Se intendiamo alla lettera il decreto, pare doversi escludere che il lavoratore autonomo possa entrare in gioco per le prestazioni in parola, generando così una limitazione di rilievo (oltretutto ingiustificata) per chi fa ricorso costante a questa figura. Specialmente se pensiamo alle oramai diffusissime autoproduzioni fonografiche, alla portata tecnologica e finanziaria di quasi tutti. In tali casi, il produttore fonografico che voglia mettersi in regola dovrebbe, anzitutto, iscriversi in Enpals come impresa (è un obbligo di legge, in quanto datore di lavoro/committente). Ciò richiede, a priori, l’iscrizione del produttore nel Registro delle Imprese o la sua qualità di persona giuridica (associazione, fondazione, cooperativa, società, ecc.). Non tutti potrebbero soddisfare tali requisiti.
Molto importante è il secondo comma, per cui «la determinazione in via convenzionale di cui al comma 1 non si applica ai lavoratori il cui rapporto di lavoro è regolato da accordi o contratti di lavoro di natura collettiva e ai soggetti che partecipano alla produzione dei brani musicali svolgendo un’attività di supporto alla realizzazione dei brani medesimi». Questo comporta:
a) che la presenza di un contratto collettivo nazionale di lavoro (detto anche CCNL) applicabile ai musicisti rende inapplicabili le disposizioni in esame; ciò significa, per l’esattezza, che non si dovrà adottare la tabella allegata, bensì il versamento contributivo secondo la retribuzione e i criteri eventualmente prefissati nel CCNL (che potrà aumentare o diminuire il carico contributivo convenzionale); in materia si attende ancora un contratto che disciplini tale aspetto, oltre che la categoria professionale stessa, anche se dobbiamo menzionare gli sforzi continui e attuali di alcuni importanti enti, sindacati e professionisti per addivenire a questo fondamentale risultato;
b) che tale eccezione vige solo in caso di mera attività di supporto, cioè – pare di dover intendere – marginale e secondaria, alla realizzazione della registrazione; pensiamo, perciò, ai cd. turnisti, cioè a coloro che si prestano come musicisti a supporto di altri, non facendo parte della compagine artistica vera e propria; ad es., un chitarrista che suoni alcuni assolo in un disco di Vasco Rossi sarà sicuramente di mero supporto, per quanto di pregio; è evidente, nondimeno, che l’espressione adottata dal Ministro lascia dei margini di ambiguità e interpretazione. Ad es., la categoria in parola coincide con i cd. artisti primari, riconosciuti dalla l.d.a. all’art. 82?
Passando all’art. 2 si ripete il decreto del 2003, ovvero si sancisce che «le retribuzioni convenzionali di cui al presente decreto sono determinate in riferimento alle prestazioni effettuate nelle sale di incisione per la produzione di supporti fonografici finalizzata alla commercializzazione, nell’ambito di uno o più canali di vendita» e che «l’obbligo di assolvere agli adempimenti […] sorge alla data di pubblicazione del supporto medesimo». Ne desumiamo che, a differenza dell’interpretazione connessa al decreto del 2003, se il supporto non viene pubblicato allora non sussiste alcun obbligo contributivo. Il che suona contraddittorio: il musicista ha lavorato, cioè ha fornito la sua prestazione di esecutore in studio, ma la mancata pubblicazione del supporto (magari eventuale, nessuno potrebbe sapere se e quando si pubblicherà), non genera obbligo contributivo pur in presenza del lavoro svolto, documentato dal master realizzato.
Peraltro, non sussiste l’obbligo contributivo qualora l’attività d’incisione del supporto fonografico venga svolta «per scopi diversi dalla commercializzazione e il supporto venga distribuito gratuitamente o in abbinamento editoriale a pubblicazioni poste in vendita senza maggiorazione del prezzo normalmente praticato». È evidente la disparità di trattamento: una prestazione lavorativa di spettacolo, salvo casi particolari come l’esonero e l’agibilità gratuita, sempre lavoro è, tant’è che il minimale di contribuzione giornaliera si deve versare anche in caso di lavoro a titolo gratuito. Perciò non si comprende perché nel caso di questo decreto tale principio non debba valere.
Non si trascuri, oltretutto, che ai musicisti non interpreti principali (i cd. turnisti, soprattutto) si potrà continuare ad applicare l’art. 43 della Legge Finanziaria 2003 (l. 27 dicembre 2002, n. 289, che permette di non assoggettare a contribuzione Enpals fino al 40% del corrispettivo se imputato a titolo di cessione di diritti), non invece a quelli principali.
Non si trascuri che si dovranno seguire le ordinarie prescrizioni previdenziali (contribuzione al 33%, suddivisa come sempre) riguardo ai musicisti principali qualora vi sia uno scopo diverso dalla commercializzazione delle registrazioni, nei casi suindicati. Si avranno due situazioni analoghe trattate diversamente, senza alcuna chiara giustificazione (tranne forse la possibile forma di compenso all’artista, ammesso che vi sia): all’interprete principale che incida a scopo promozionale non sarà dovuta la previdenza secondo la tabella convenzionale, mentre lo sarà – per la medesima sessione di registrazione – per i turnisti che hanno collaborato.
Procedendo nell’analisi, si ricalca il decreto del 2003 quando si afferma che alla pubblicazione si deve versare la contribuzione della prima fascia di vendita dei supporti in tabella, per poi procedere ai conguagli qualora le vendite dei supporti, così come riportate dalla SIAE nelle comunicazioni semestrali sui volumi di vendite, ricadano in una diversa fascia della tabella. Queste determinazioni prestano il fianco alle medesime critiche del passato che qui in breve richiamiamo:
– il termine «supporti» è oramai anacronistico, dovendosi preferire quello internazionalmente condiviso di «fonogrammi», tuttavia nella sua corretta accezione identifica i soli supporti fisici (cd, dvd, ecc.) e non anche la musica ‘liquida’ digitale, come gli mp3; in tal caso, inoltre, pare arduo che si possa sempre ricevere documentazione analitica dalla SIAE: è sufficiente che il sito Internet distributore finale non sia legalmente sottoposto alla giurisdizione italiana per non dover adottare la cd. licenza multimediale SIAE. In tali casi, in genere, i proventi da diritto d’autore (nonché quelli dallo sfruttamento del master) vengono corrisposti direttamente dal sito rivenditore: come calcolare le copie vendute ai fini previdenziali?;
– in precedenza, appunto, il messaggio Enpals n. 6 del 2008 aveva esteso impropriamente l’accezione applicativa del termine «supporti» anche alla musica in digitale, senza fornire precisazioni applicative;
– la SIAE compie un resoconto vendite dei supporti solamente in casi limitati, appannaggio delle majors (cd. contratti generali industria), mentre in tutti gli altri più frequenti casi la SIAE documenta solo i supporti stampati: come procedere in questi casi? Escluderli dal computo previdenziale sarebbe evidentemente discriminatorio, in base alle premesse del decreto.
Rileviamo che, in seguito, il decreto fissa un innovativo limite: «ai fini delle predette operazioni di conguaglio, vanno assunte a riferimento le vendite dei supporti fonografici registrate fino al termine del quarto semestre di distribuzione». Per questo dopo due anni dalla pubblicazione dei supporti nessun conguaglio sarà più dovuto, a differenza della perpetuità delle precedenti prescrizioni.
Non manca una precisazione che chiarisce dubbi risalenti al decreto del 2003: la contribuzione previdenziale per la fissazione di un singolo brano equivale al riconoscimento di una giornata lavorativa ai fini del computo previdenziale. Per esempio, un album composto da 10 tracce si «traduce» in 10 giornate lavorative Enpals in sede di attribuzione previdenziale. Ciò significa che il lavoratore che voglia sfruttare i minimali Enpals per poter «spalmare» le proprie prestazioni in più giornate contributive non potrà farlo, salvo farsi remunerare a parte tali giornate come diverse prestazioni (ad es. come prove).
Per finire, il decreto sancisce che dopo tre anni dalla entrata in vigore dello stesso si procederà «ad apposite verifiche ai fini dell’adeguamento delle retribuzioni convenzionali fissate nell’unita tabella». La tabella è piuttosto semplice e così strutturata in cinque fasce:
Fascia 1: Num. Supporti fonografici venduti da 0 a <6.000 – Compenso convenzionale per brano Euro 43,55 – Contribuzione sociale sul compenso (33%) Euro 14,37
Fascia 2: Num. Supporti fonografici venduti da 6.001 a <20.000 – Compenso convenzionale per brano Euro 188,73 – Contribuzione sociale sul compenso (33%) Euro 62,28
Fascia 3: Num. Supporti fonografici venduti da 20.001 a <60.000 – Compenso convenzionale per brano Euro 580,72 – Contribuzione sociale sul compenso (33%) Euro 191,64
Fascia 4: Num. Supporti fonografici venduti da 60.001 a <200.000 – Compenso convenzionale per brano Euro 1.887,34 – Contribuzione sociale sul compenso (33%) Euro 622,82
Fascia 5: Num. Supporti fonografici venduti <200.000 – Compenso convenzionale per brano Euro 3.629,50 – Contribuzione sociale sul compenso (33%) Euro 1.197,74
Rispetto al passato, vi è stato un ridimensionamento delle fasce, sì da tener conto dei dati di vendita del settore degli ultimi anni, purtroppo sempre in calo. Quindi la stragrande maggioranza di produttori fonografici si ritroverà a confronto con la sola prima fascia, certamente più abbordabile della tabella del 2003 (si è passati da circa 84 euro a traccia in prima fascia fino a 30.000 copie vendute per i soli cantanti ai circa 14 euro delle 6.000 copie attuali per tutti i musicisti). Tale misura accoglie parzialmente le numerose istanze che chiedevano di ridurre i forti importi in vigore dal 2003, chiedendo financo l’esonero di contribuzione per autoprodotti con poche copie vendute. Il Ministero ha preferito mantenere l’obbligo contributivo per tutti (a nostro avviso coerentemente, sebbene un esonero sia sempre possibile in sede legislativa, come accadde per la musica dal vivo grazie al famoso Comma 188), riducendone sensibilmente l’impatto economico, oltre a riequilibrare il trattamento di tutti i musicisti esecutori.
En passant, si badi che il compenso convenzionale segnalato come base di calcolo per la prima fascia – 43,55 euro – è assai simile al minimale di retribuzione giornaliera previsto per le altre prestazioni soggette a Enpals, cioè 43,79 euro nel 2010 (perché non adottare proprio la stessa, precisa misura? non si comprende da dove provengano i 43,55 euro del decreto, se non forse nella volontà di segnalare un compenso vicino al minimale ma che non sia coincidente con lo stesso). Così suggerendo nuovamente che in prima fascia sia necessaria una giornata lavorativa per incidere una traccia, di nuovo restrittivamente: le vendite superiori prevedono una retribuzione convenzionale superiore ma il riconoscimento sempre e soltanto di una giornata lavorativa. Lasciamo all’esperienza in studio dei lettori la valutazione di tale ipotetica connessione.
Altra annotazione di rilievo: il 33% di percentuale contributiva sulla retribuzione, come adottato nella tabella convenzionale, non prevede alcuna ripartizione, come invece di norma accade (cioè 1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del datore di lavoro o committente). In tal caso s’instaura una deroga al normale principio contributivo, per cui eccezionalmente si sobbarca il contributo per intero su di una sola parte. Perlomeno, la parte onerata è in questo caso quella forte, cioè il committente/datore di lavoro.
In conclusione, resta da vedere quali potranno essere i risvolti applicativi di questo decreto, a partire dalla doverosa circolare Enpals di recepimento. Attendiamo, dunque, di rivisitare l’argomento a tempo debito, a miglior approfondimento di quanto, per ora, lascia margini di ambiguità applicativa, specie per quanto riguarda il ricalcare o meno le interpretazioni già fornite in precedenza con le passate circolari e messaggi dell’ente applicatore.
Non possiamo, infine, evitare un auspicio: che sia finalmente il legislatore con una vera legge (non quindi il Ministero con un decreto amministrativo) a disciplinare organicamente la materia, magari nel contesto di una riforma previdenziale di settore.